PNL, bello ma impossibile. Autopsia del progetto per un Parco Nazionale nel Locarnese

di Beppe Savary

 

Quando si vuole conoscere la causa di morte si esegue un’autopsia. A volte si trovano lì degli elementi che permettono di capire meglio perché qualcuno è deceduto. A maggior ragione questo interessa quando un soggetto come l’affossato progetto PNL era pieno di vita, tanto da poter portarne tanta di nuova persino nelle zone più periferiche delle Centovalli e della valle Onsernone.

 

Altro che “inutile, dannoso, costoso” egli avrebbe generato progetti, posti di lavoro, afflusso di soldi – cinque milioni all’anno sui dieci del suo “periodo di prova”. I suoi ideatori volevano che nascesse dal basso, che fosse votato dai sui abitanti. Perché una maggioranza di questi ha detto “No al Parco”? Vediamo che cosa troviamo all’autopsia.

 

Dov’è possibile cerchiamo di separare i referti cresciuti spontaneamente da quelli indotti – spesso i due saranno inseparabili. Tanta paura invase tutto il suo tessuto come un cancro diffuso e metastatizzato. Paura del cambiamento, ma soprattutto paura di “perdere la libertà”. “Libertà”, non quella pensata da Immanuel Kant, che trova i suoi limiti nella libertà del prossimo. Libertà di poter fare “quello che voglio” in uno spazio libero da regole come spesso viene descritta la montagna da chi vuole andarci, magari anche col suo cane, in mountain-bike o in parapendio “dove, quando e come voglio”.

 

Male si conciliava questa idea con il concetto di protezione della natura nella zona centrale del PNL, quel terzo del territorio previsto fuori dalle zone abitate. Non pochi però che votavano contro le restrizioni imposte ”dall’alto” non avevano e non avrebbero mai messo piede in queste zone impervie e pericolose dove sarebbe stato possibile muoversi soltanto sui sentieri.

 

La paura doveva allora essere fomentata ed ingigantita con delle “fake news” che andavano dall’imposto esproprio dei rustici fino alle oscure cospirazioni internazionali che mediante i parchi naturali avrebbero costretto le popolazioni delle zone di montagna alla deportazione. Importante nel contesto della “informazione” che si giocava in buona parte nei social media di stampo trumpiano fu il contributo “scientifico – politico” da commendatori (e commentatori) esterni, che avevano dei conti personali da regolare con le associazioni per la protezione della natura a causa dell’opposizione di quest’ultimi contro gli OGM e contro la caccia sfrenata. Abilmente misero poi in dubbio le convenzioni siglate con la Confederazione e con il Cantone ed era gioco facile per loro sembrare più credibili negli occhi degli oppositori che i promotori, rappresentanti ed autorità dei comuni e dei patriziati.

 

Per gli eterni “Neinsager” il progetto PNL rappresentò un ulteriore occasione ghiotta di far vedere che “wir sind das Volk” (Noi siamo il Popolo) e di opporsi alle autorità (“la solita Mafia”) che dopo anni di paziente e difficile lavoro presentarono in maniera democratica e del tutto trasparente una possibilità di rilancio, rivotabile dopo dieci anni di prova. Negare loro i mezzi previsti dal PNL vuol dire condannarli a continuare di “amministrare la miseria” e molto difficilmente poter offrire alla popolazione una progettualità lungimirante. C’è anche chi vorrebbe approfittare da questo discreditamento per prendere in mano le redini onde amministrare la “res pubblica” per i suoi fini privati.

 

“Terra dei nostri avi” cioè “terra mia” (“Blut und Boden”?), ancora di salvezza alla quale attaccarmi in questo mondo turbulente, dove tanto cambia rapidamente e dove mi sento quasi sempre dalla parte dei perdenti. Terra da difendere contro “i forest”, contro chi non è “di noss”. Anche se non ho degli avi in valle e vi sto da poco tempo, non voglio condividere la mia (nuova) Patria, fosse anche soltanto con i “turis”, i turisti che sono tenuti a lasciare i soldi senza disturbare la mia quiete.

 

Il PNL avrebbe permesso di evitare un turismo poco propizio alle delicate zone periferiche – anche se a Spruga non ci troviamo le Ramblas di Barcellona – ma avrebbe favorito un incontro organizzato e strutturato tra centro e periferia. L’unica ricchezza delle valli, la bellezza dei suoi paesaggi, sarebbe stata protetta e condivisa con conoscenza e coscienza. Noi abitanti del PNL avremmo avuto i mezzi per decidere come farlo.

 

Quanti posti di lavoro, soprattutto per giovani si sarebbero potuto creare in questo contesto. Ma se ho poi da vendere una casa in valle, ereditata dai miei avi, voglio sentirmi libero di venderla al miglior offerente che non sarà il giovane di Locarno che vorrebbe trovare casa in valle per poter viverci con la sua famiglia.

 

 

Il nefasto concorso di questi elementi elencati e di altri che sfuggono alla nostra analisi come avviene anche dopo altre votazioni dove ci risulta difficile capire perché una maggioranza vota contro un progetto che oggettivamente avrebbe potuto essere a suo favore, fece morire il progetto PNL. I morti non si possono rianimare e ai sopravvissuti tocca il compito di portare avanti quello che resta di vita. Come il pugile che si rialza dopo essere stato steso al suolo dobbiamo riprendere dei progetti e portarli avanti. Meno male che le zone di montagna sono ritornate un tantino nell’interesse della SECO, così magari con il sostegno dell’ERS, l’ente regionale di sviluppo, riusciremo a riprendere una parte delle attività previste dal PNL. Non abbiamo alternative - dai “No Parco” non dobbiamo aspettarci molto - e come diceva Walter Benjamin, riferendosi ai nazifascisti, perché non possiamo lasciare la “Heimat”, la Patria, alla Destra.

 

 

 

 

Beppe Savary-Borioli,

già co-presidente del progetto per un Parco Nazionale nel Locarnese

 

 

 

 

 

Quaderno 18 / Novembre 2018