La Rete, scoperta epocale pervertita dal capitalismo

di RedQ

 

Il 12 marzo 1989, l’informatico britannico Tim Berners-Lee consegna al suo superiore un memorandum di poche paginette intitolato “Gestione delle informazioni: una proposta”. Questo scritto descrive sommariamente la sua idea di collegare l’enorme massa di dati incamerati al CERN (il Centro Europeo di Ricerche Nucleari situato presso Ginevra) in un modo nuovo, che dovrebbe permettere ai ricercatori di trovare immediatamente ciò che loro interessa

Il suo capo non sembra troppo entusiasta, ma lo lascia fare. Come ben descritto nel supplemento pubblicato recentemente da Le Monde (16.02.2019), in poco tempo questo geniale informatico sviluppa vari accorgimenti, tra cui il primo server che permetterà effettivamente ai ricercatori del CERN di navigare tra tutti i dati incamerati.

 

Questo server Tim Berners-Lee lo battezzerà “World Wide Web”. Da quel momento l’umanità è entrata nell’età dell’informazione e dell’inter-connettività istantanea, tanto che lo stesso scopritore intravvede la possibilità che si realizzi finalmente quel sogno che già gli antichi avevano accarezzato, per esempio fondando la Biblioteca d’Alessandria, cioè di poter aver accesso in un qualche modo a tutto lo scibile umano.

 

 

Il sogno diventa un incubo

 

Nel 1993 il CERN registra e quindi si fa dare un brevetto per questa scoperta, che secondo Tim Berners-Lee dovrebbe portare a quello che fu poi chiamato l’Internet, che lui definiva come uno spazio universale, accessibile gratuitamente a tutti, senza nessun controllo e senza dover domandare il permesso a nessuno. Questo suo idealismo ricorda un po’ quello di Fleming, che, quando scoprì la penicillina non volle che venisse patentata e rinunciò quindi, a favore dell’umanità, a guadagni miliardari.

 

Purtroppo però il sistema capitalista non permette, se non per breve tempo, l’esistenza di isole felici, nelle quali il profitto non sia il motivo dominante: se non fu per la penicillina, fu però poi per tutti gli antibiotici che ne derivarono. Ben presto si scatenò difatti la corsa a profitti stratosferici, che ha portato alla situazione attuale, con monopoli farmaceutici che guadagnano miliardi e sistemi sociali di finanziamento della salute che stanno andando in fallimento o allora, nella versione svizzera, con la stragrande maggioranza della popolazione che non ce la fa più a pagare i premi di cassa malati.

 

Nel 1994 Tim Berners-Lee va al MIT a Boston, dove crea il World Wide Web Consortium, organismo non-profit, che avrebbe dovuto garantire a lunga scadenza l’evoluzione della rete, basandosi su principi rivoluzionari e democratici: la decentralizzazione, l’universalità, la trasparenza e, naturalmente, l’assenza di profitto.

 

Ma ben presto il tutto si trasforma ed entrano in gioco, recuperando a loro vantaggio la rete, Amazon, Google ed in seguito tutti gli altri big del settore, fino ad arrivare alle estreme conseguenze di Uber e Airbnb.

 

 

 

Dal Grande Fratello alle fake news, passando per lo sfruttamento

 

Quale sia la situazione oggi è stato dimostrato da alcuni fatti spettacolari: la relazione di Snowden sul fatto che ormai tutti, politici compresi, siamo spiati giorno e notte e le manipolazioni elettorali, la più sensazionale delle quali è stata quella di Cambridge Analitica, che è stata sicuramente decisiva nel far pendere a favore di Trump quei circa 100’000 voti nei 3 Stati in bilico, ciò che ha permesso la sua inaspettata elezione.

 

Ciò che è molto meno conosciuto è però il fatto che sempre più il collegamento informatico globale sta portando a fenomeni di super-sfruttamento, ben evidenziati da casi come quelli delle migliaia di distributori volanti dei prodotti gestiti da Amazon, o dei pseudo-taxisti arruolati da Uber. Almeno per quanto riguarda Amazon, un po’ se n’è parlato ultimamente: questo sia per i ripetuti scioperi che ci sono stati, soprattutto in Germania, ma anche per i 25’000 posti precari a cui, dopo una lunga battaglia portata avanti dalla sinistra democratica di Sanders, la città di New York ha rinunciato dicendo di no alla creazione di un grande deposito di Amazon.

 

Però c’è molto di più, anche se buona parte di questo sfruttamento rimane sotterraneo, perché moltissimi lavori precari di specialisti informatici, vengono ormai distribuiti anche a domicilio, a condizioni di puro strozzinaggio. Sono quella crescente armata di precari che vengono oggi definiti come i lavoratori del “click”. Il tutto ha preso una piega tale che pochi mesi fa Tim Berners-Lee, lo scopritore della rete, si è inferocito e ha lanciato una campagna che si propone di “cambiare radicalmente il modo di funzionamento della rete” che dovrebbe ridiventare libera, aperta e un bene comune.

 

Contemporaneamente, soprattutto in nord Europa, ma parzialmente anche in Nord America, si stanno sviluppando una serie di iniziative che vorrebbero poter gestire in modo cooperativo gran parte di quanto oggi si basa sul web. Si tratta in particolare di creare alternative a tutto quel processo di pauperizzazione dei lavoratori informatici e dei servizi a questi associati, che viene ormai definito come “uberizzazione della società”.

 

Questo si associa al fatto che queste multinazionali della rete (da Google a Facebook) praticamente non pagano imposte da nessuna parte, per cui stanno ormai entrando nel mirino di parecchi governi nazionali. Anche in questo campo quindi le contraddizioni si stanno acuendo, anche se per il momento è difficile pensare ad una vera democratizzazione della rete, finché a dominare il tutto sarà il principio del massimo profitto capitalista.

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