Misure di risparmio, dettate dall’ignoranza di molti politici

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Il governo ticinese ha annunciato una serie di misure di contenimento della spesa pubblica per rientrare nei parametri del pareggio del conto economico del Cantone entro il 2025 imposti dal decreto Morisoli, votati dal Gran consiglio e dall’elettorato ticinese successivamente. Da un punto di vista economico, le misure hanno senso?

“Quasi tutte le misure annunciate non hanno alcun senso sul piano macroeconomico, a maggior ragione considerando la situazione e le prospettive a medio termine dell’economia cantonale, come pure quella europea e mondiale, confrontate da un paio d’anni a dei gravi conflitti geopolitici dopo essere già state molto colpite da una pandemia sul piano globale. È giusto cercare di raggiungere un equilibro tra le entrate e le uscite del conto corrente dello Stato, ma anzitutto bisogna decidere quali sono i servizi che lo Stato deve erogare, per poi stabilire con quali tipologie di tasse e imposte e con che livello di aliquote fiscali imporre le diverse categorie di contribuenti allo scopo di raggiungere il pareggio del conto economico nell’arco di una legislatura anziché su base annuale, perché un anno è un orizzonte temporale troppo breve per questo scopo ed è pure soggetto a molteplici incertezze che non dipendono dalle scelte politiche sul piano cantonale.”

Per “risanare” i conti, il governo chiede ad alcuni enti di versargli dei soldi. L’Eoc, ad esempio, dovrà versare 6 milioni di franchi. Non è paradossale?

“Sembra paradossale e in parte lo è realmente, nella misura in cui si tratta di soldi che derivano dal sistema sanitario, ormai anch’esso orientato alla ricerca del profitto anche quando si tratta di un ente pubblico. In fondo, questi 6 milioni di franchi che l’Eoc dovrà versare al Cantone rappresentano una distribuzione degli utili del primo a favore del secondo, tramite una sorta di imposta sugli utili della sanità pubblica. Così facendo, tuttavia, il Cantone induce l’Eoc a cercare di aumentare ulteriormente i propri introiti, con il rischio di sovra-medicalizzare i trattamenti ospedalieri, che si ripercuoterà poi in un modo o nell’altro sui premi dell’assicurazione-malattia, destinati così ad aumentare a discapito del ceto medio.”

Nel Preventivo24, oltre ai tagli, il governo ha congelato i nuovi progetti statali e degli enti sussidiati. In definitiva, si blocca l’innovazione e la progettualità. Quanto è pericolosa questa politica?

“Si tratta del classico serpente che si morde la coda, perché così facendo il governo incide in misura rilevante sulle capacità di crescita dell’economia cantonale, oltre che sulla coesione sociale tra i vari strati della popolazione residente in questo cantone. Questa politica farà dunque male anche ai conti pubblici, perché ridurrà le risorse fiscali per quanto riguarda l’imposizione sia delle persone fisiche, sia delle persone giuridiche, facendo perciò aumentare anche la necessità di versare aiuti sociali alle persone bisognose.”

Sergio Rossi, professore ordinario di macroeconomia e di economia monetaria nell’Università di Friburgo I tagli nel Preventivo 2024 ammontano a 134 milioni. Per rispettare il decreto Morisoli del pareggio dei conti, nel preventivo del 2025 il governo ha già annunciato altri tagli per 115 milioni di franchi. Cosa ci dobbiamo aspettare?

“Nel 2025 ci saranno verosimilmente ulteriori tagli nei settori già colpiti dai tagli annunciati per il 2024. Inoltre, altre riduzioni della spesa pubblica incideranno nei settori non toccati dai tagli per il 2024. In fin dei conti, ci sarà una notevole riduzione del personale occupato nell’amministrazione cantonale, a seguito sia di prepensionamenti sia di licenziamenti o di non rinnovo dei contratti che sono di durata determinata. La scuola e la sanità subiranno dei tagli che incideranno pesantemente, nel medio e lungo termine, sull’istruzione e la cura delle persone residenti in Ticino. Si tratta di un circolo vizioso che trascinerà sempre più verso il basso l’insieme dell’economia e della società del cantone, entrambe già assai problematiche da diversi punti di vista.”

In parallelo alle misure di “risparmio”, lo scorso luglio il Cantone ha presentato una nuova riforma tributaria. Tra i punti centrali, abbassare le imposte sui redditi alti. La motivazione ufficiale è “per restare attrattivi fiscalmente”. Cosa ne pensa?

 

“Si tratta di una motivazione pretestuosa, perché in realtà questa riduzione delle aliquote di imposta sui redditi elevati vuole favorire le persone molto benestanti in questo cantone, affinché esse votino i politici che difendono i loro interessi a discapito del bene comune. Una persona onesta, in realtà, è disposta a pagare le imposte che deve al fisco, perché è consapevole che questa somma contribuisce al proprio tenore di vita nella misura in cui finanzia beni e servizi pubblici di cui anch’essa, prima o poi, beneficerà. Si tratta infatti dell’istruzione, della sanità, dei trasporti, della sicurezza e di diverse altre prestazioni che lo Stato offre all’insieme della popolazione, a complemento dei beni e servizi offerti dall’economia privata, che da sola non sarebbe in grado di soddisfare l’insieme dei bisogni della popolazione residente in una qualsiasi giurisdizione.”

I partiti Udc-Lega e Plr si oppongono al ritorno dal 97 al 100% del coefficiente cantonale. Dicono di non voler mettere le mani nei portafogli dei cittadini, lasciandogli più soldi a disposizione. Sostengono insomma di difendere la classe media. È vero?

“Si tratta di un’affermazione falsa, perché il mancato aumento del coefficiente cantonale favorisce le persone ricche molto più di quelle appartenenti al ceto medio. Si tratta di matematica elementare: i ricchi evitano così di pagare una somma ben maggiore di quella che evita di pagare il ceto medio, grazie a un coefficiente cantonale al 97 anziché al 100%. È dunque un vantaggio fiscale per i più abbienti, che oltretutto hanno una propensione al consumo inferiore a quella del ceto medio: per ogni 100 franchi pagati in meno sotto forma di imposte, una persona del ceto medio spenderà nel tessuto economico cantonale molto più di quanto farà una persona benestante, che già ha un tenore di vita elevato, ragion per cui risparmierà questi 100 franchi parcheggiandoli nei mercati finanziari, dai quali non ‘sgocciolerà’ nulla nell’economia ticinese.”

Christian Marazzi ci ricorda quanto in Ticino la politica sia rimasta intrappolata da oltre un ventennio «in quel pensiero unico che crede di risolvere tutti i problemi con sgravi fiscali ai ricchi, freno all’indebitamento, pareggio di bilancio e, ovviamente, tagli alla spesa sociale». Sa spiegarsi perché in Ticino l’ideologia neoliberista dura e persevera, malgrado persino Fmi e Banca mondiale la stiano abiurando?

“Ci sono sicuramente diversi fattori che contribuiscono a questa situazione di stallo autoreferenziale sul piano politico. Ne menzionerei due in particolare. Anzitutto, esiste una certa arroganza, oltre che ignoranza, di una parte notevole della classe politica, che non vuole o non è in grado di capire che il neoliberismo imperante è foriero di crisi sistemiche sul piano economico e finanziario. Inoltre molti politici eletti difendono gli interessi dei poteri forti anche quando ciò va a discapito dell’insieme del sistema economico nel lungo termine, visto che il loro orizzonte temporale è di breve periodo, ossia una legislatura, contando sul fatto che gli elettori hanno solitamente la memoria corta.”

Di quale politica economica avrebbe bisogno il tessuto ticinese?

“Il Ticino necessita di una politica economica lungimirante, che parta dalla consapevolezza di tutta una serie di bisogni della popolazione che lo Stato deve soddisfare, offrendo beni e servizi pubblici finanziati mediante una equa distribuzione dell’onere fiscale, che implica tra l’altro la progressività delle aliquote di imposta. L’equità fiscale è imprescindibile per lo sviluppo economico – garante di coesione sociale e integrazione nel tessuto cantonale, con benefici che diventeranno evidenti anche sul piano demografico a lungo termine.”

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