Il benessere della società e il successo di un paese sono legati a doppio filo all’esistenza di un sistema scolastico di qualità e che tenga conto delle esigenze di tutti i ragazzi, indipendentemente dalla loro estrazione sociale, dalla loro origine nazionale, dal contesto familiare in cui vivono, dal loro luogo di residenza, eccetera. Sul principio sono più o meno tutti d’accordo, ma quando si tratta di attuare delle misure concrete atte a perseguire questo traguardo di civiltà si compie spesso l’errore di considerarle come un costo e non come un investimento. Un errore che mia auguro non commettano le cittadine e i cittadini ticinesi chiamati il prossimo 28 settembre ad esprimersi sull’iniziativa popolare “Aiutiamo le scuole comunali”.
Un’iniziativa tanto semplice e finanziariamente sostenibile quanto efficace e lungimirante, che consentirebbe alla scuola dell’obbligo ticinese di compiere un salto di qualità e di adeguarsi alle mutate condizioni sociali ed economiche del paese.
Come sindacalista mi preme sottolineare due aspetti centrali della proposta.
Innanzitutto il previsto aiuto a tutti gli allievi in difficoltà attraverso misure quali il potenziamento del sostegno pedagogico, l’assunzione di docenti d’appoggio e di altro personale educativo per quei ragazzi che presentano problemi di carattere comportamentale e il potenziamento del corpo docenti d’italiano per gli alunni di lingua straniera. Misure particolarmente importanti per la fascia più fragile della popolazione scolastica, cioè per quelle bambine e quei bambini ai cui genitori mancano il tempo o gli strumenti per partecipare attivamente al loro percorso di apprendimento e di dare il necessario sostegno al di fuori dell’orario di scuola. Non tutti possono permettersi lezioni private!
Ma l’iniziativa è anche uno strumento per consentire alle lavoratrici e ai lavoratori di conciliare al meglio l’attività professionale con la vita famigliare e affettiva. Il che è possibile solo se sull’intero territorio cantonale è presente una rete capillare di mense e di servizi dopo scuola, così come di scuole dell’infanzia con orario prolungato. Non si tratta di soddisfare dei capricci, ma di adeguare l’offerta scolastica alle mutate (perlopiù in peggio) condizioni del mercato del lavoro, agli orari irregolari e alla crescente flessibilità che viene imposta dai datori lavoro ai salariati. E siccome non tutte la famiglie hanno in mezzi per far capo a terze persone che curino i figli, l’istituzione pubblica ha il dovere di offrire delle alternative al passo con la realtà odierna.
In fondo si tratta solo di offrire pari opportunità di apprendimento a tutti i circa 25’000 bambini che frequentano le scuole comunali in Ticino (nei centri come nelle periferie e nelle valli), cioè di garantire un futuro solido al cantone e in un contesto di giustizia sociale. Il 28 settembre non posso dunque che votare “sì” all’iniziativa “Aiutiamo le scuole comunali”.
Enrico Borelli, segretario regionale Unia Ticino