di "Comitato Ticinese per la Ricostruzione di Kobane"
Come neonata associazione “Comitato Ticinese per la Ricostruzione di Kobane”, data la situazione attuale in Kurdistan, sentiamo l'urgenza di denunciare la recrudescenza della repressione da parte del governo turco contro la popolazione curda.
Dalle scorse elezioni di giugno, in questa Turchia cosiddetta democratica, giorno dopo giorno la situazione è andata degradandosi, sfociando in un vero e proprio terrorismo di stato.
Con l'obiettivo di arrivare ad avere la maggioranza assoluta alle elezioni di novembre, le forze politiche e sociali, che in un modo o nell’altro sostengono il governo di Erdogan, hanno favorito
una strategia della tensione molto efficace.
Dall'attentato di Suruc a luglio, che è costato la vita a 33 giovani attivisti intenzionati a contribuire alla ricostruzione di Kobane, ad altri attentati diretti contro l'HDP (Partito Democratico dei Popoli, pro-curdo) che hanno causato la morte di centinaia persone e migliaia di feriti, fino ad arrivare ad Ankara, dove una bomba umana ha ucciso 97 attivisti pro-HDP che stavano manifestando pacificamente, il governo Erdogan e le forze dell’ordine turche hanno lasciato spudoratamente mano libera al terrorismo fascista anti-curdo.
Durante la campagna elettorale abbiamo assistito alla chiusura di molti mezzi mediatici di opposizione, questo in piena luce del sole e senza nessuna reazione da parte dell'opinione pubblica internazionale. Questo clima di tensione ha favorito nettamente il partito di Erdogan (AKP - Partito per la Giustizia e lo Sviluppo), che ha potuto fare una campagna elettorale senza opposizione, utilizzando metodi che sono più vicini a uno stato dittatoriale che a uno democratico.
Il post-elezioni non ha abbassato il livello di tensione.
L'assassinio mirato dell'avvocato Tahir Elçi, freddato con un proiettile alla testa, per avere affermato che “il PKK non è un'organizzazione terroristica”, è solo un esempio per tutti. Nelle ultime settimane il governo sta mettendo in atto una vera e propria “caccia all'attivista”, procedendo sistematicamente a esecuzioni mirate di militanti curde/i sia nei territori curdi che nelle città turche. Questo si va a sommare a coprifuochi in diverse città del Kurdistan turco, dove le operazioni militari e dei servizi “di sicurezza” vanno ad attaccare la popolazione civile, assassinando centinaia persone di ogni eta` solo nell'ultimo mese.
Per giustificare il tentativo di distruggere questo importante progetto di autonomia di confederalismo democratico, l'unico che nel Rojava (Kurdistan siriano) e` riuscito a resistere all'avanzata dell'ISIS, il governo Erdogan sostiene di portare avanti una lotta contro il terrorismo del PKK. Come se non fosse oramai chiaro a tutte/i, che i/le militanti di questa organizzazione non fanno altro che difendere la popolazione curda dai massacri del governo turco.
In questo contesto, il 6 gennaio sono state uccise a Silopi altre tre attiviste curde – Fatma, Pakize e Sêvê - che vogliamo ricordare qui insieme a Sakine, Fidan e Leyla, ammazzate in pieno centro di Parigi nello stesso periodo di tre anni fa. Questi sono solo gli ultimi nomi delle decine di donne assassinate, perché in prima linea nel promuovere il progetto di autonomia di confederalismo democratico, che oggi è al centro dell’iniziativa delle forze politiche curde.
Dinanzi a ciò che sta accadendo, è disarmante ed inquietante l'omertà internazionale: questo silenzio assordante dei media ci pone di fronte all'esigenza di denunciare pubblicamente il governo turco. Media che sono in connivenza con i governi europei, che tacciono in quanto la Turchia assume un ruolo strategico: oltre agli interessi economici, la Turchia funge infatti da cuscinetto fra Oriente e Occidente.
Ma la sua posizione politica è ambigua: da una parte ufficialmente la Turchia – membro della NATO - partecipa alla coalizione anti-Daesh (ISIS), ma dall'altro è ormai certa la sua collaborazione con Daesh stesso, dal quale acquista petrolio a basso costo e a cui procura armi, gas letali e tecnici militari.
Inoltre la Turchia è ora un’alleata indispensabile nella gestione degli attuali flussi migratori: l'accordo siglato a fine novembre con l'Unione Europea prevede lo stanziamento di 3 miliardi di euro e un' accelerazione dei negoziati per l'adesione della Turchia nell'Unione Europea, in cambio dell'assunzione del ruolo di “cane da guardia” delle frontiere orientali dell’UE da parte del governo Erdogan, senza preoccuparsi delle condizioni delle persone costrette a migrare.
Questo ruolo strategico permette più che altro al governo turco di rafforzare la sua politica repressiva nei confronti del popolo curdo.
Nemmeno la Svizzera è neutrale in tutto ciò…
Di fronte a tutto questo non possiamo restare indifferenti: è urgente fare pressione sui governi e i media europei, complici, affinché si possa fermare immediatamente questo genocidio!
Invitiamo tutta la società civile ad organizzarsi con manifestazioni, presidi, boicottaggi (di prodotti e turismo) e qualunque atto volto congelare i rapporti commerciali, politici e militari fra Svizzera - Europa e Turchia, ivi compresa la chiusura dell'ambasciata a Berna.
Il silenzio e l'inattivismo uccidono! Non restiamo complici!
Con ogni mezzo necessario
Solidarietà con Kobane!
Libertà per il popolo curdo!