di Eleonora Selvatico
master in Scienze Politiche e Filosofia - Parigi
Conosciuta come la giovane consigliera di Rio de Janeiro, l’attivista femminista e afrobrasiliana Marielle Franco, è stata assassinata a soli 39 anni il 14 marzo 2018 alle 21:30.
Due sicari professionisti le hanno sparato quattordici colpi - di cui quattro in testa - con una pistola calibro 9 millimetri (d’uso esclusivo della polizia e delle forze armate) nel pieno centro di Rio da un’automobile in corsa mentre tornava dall’incontro “Giovani nere movimentando la scrittura” organizzato nell’associazione di diritti umani Casas das Pretas nel quartiere di Lapa.
I sicari hanno ucciso anche il conduttore di 39 anni Anderson Pedro Gomes. A causa dei vetri rotti dai colpi, l’assistente di Franco è stata lievemente ferita. Quest’ultima collabora ora nell’indagine della Polizia Civile di Rio de Janeiro che oggi 17 marzo ha confermato che le munizioni usate per uccidere Franco provengono dal lotto UZZ-18 vendute dalla Compagnia brasiliana di bossoli (Cbc) alla Polizia Federale di Brasilia il 29 dicembre 2006.
Nata nel Complesso di Maré (il più grande complesso di favelas di Rio situato nel nord della città) e diplomata in sociologia e amministrazione pubblica, Franco era una speranza politica di molte e molti brasiliani oltre che madre dai suoi 19 anni e compagna di Monica. Membra del Partito Socialismo e Libertà (PSOL) e da qualche tempo dichiaratamente bisessuale, Franco aveva ricevuto 46'502 voti durante le ultime elezioni municipali tenutesi nel 2016. Franco è stata la quinta maggior votata e una delle 7 donne tra i 51 consiglieri. Contro la crociata anti “ideologia del gender” del governo della nuova destra brasiliana che ha alleato i settori più conservatori del cristianesimo fondamentalista (che qualifica di “demoniache” sia l’omosessualità che le religioni di matrice africana) con gli imprenditori estrattivisi dell’agribusiness e delle miniere sostenuti dai grandi mezzi di comunicazione, in 14 mesi di mandato Franco ha presentato 13 progetti di legge riguardanti la salute riproduttiva delle donne, programmi d’informazione per praticare aborti legali, rapporti sulla violenza di genere e un progetto di costruzione di spazi sicuri per le vittime di violenza sessista. Uscendo dal parlamento e partecipando alla lotta delle donne in strada le cui vite sono colpite direttamente dalle riforme del governo, Franco ha affermato che “dobbiamo occupare con i nostri corpi tutti gli spazi”.
È stato un assassinio politico. Un femminicidio compiuto qualche giorno dopo lo sciopero massivo e internazionale dai generi dell’8 marzo dove la stessa Franco - una tra le leader femminista del Non Una Di Meno brasiliano - ha gridato “Ci vogliamo vive e libere”. È stata un’esecuzione disciplinante per le plurime denunce contro la violenza della polizia militarizzata dal governo ultra-neoliberale di Michel Temer che la relatrice della commissione creata dalla Camera Municipale per monitorare gli interventi militari e membra della commissione parlamentare contro le milizie vigilanti nel Consiglio Deliberante di Rio ha ribadito nel quartiere d’Acari. Franco aveva, il giorno prima della sua morte, reso noto l’omicidio brutale del giovane Matheus Melo da parte delle forze di sicurezza mentre usciva da una chiesa. Inoltre, Franco aveva fatto sapere che il 41° battaglione della Polizia Militare di Rio de Janeiro – conosciuto come “Battaglione della morte” - stava terrorizzando e violentando gli abitanti d’Acari. Due giovani sono stati uccisi e gettati in fosse comuni questa settimana.
La veglia al cadavere di Franco s’è tenuta ieri 16 marzo alla Camera Municipale dei Consiglieri, dove lavorava. Ad attenderla, migliaia di persone e cartelloni: “Questa pallottola fu per il popolo, però la lotta è ancora viva”, “Non un passo indietro”, “Le vite nere e lgbt contano”, “Per lei nessun minuto di silenzio, ma una vita intera di lotta. Non una sorella di meno”. In seguito, il corpo della Presidente della Commissione di Difesa della Donna è stato trasportato al cimitero d’Inhuma, accompagnato da una marea spontanea di persone che hanno rivendicato giustizia contro quegli interventi della polizia che a Rio hanno assassinato 154 persone solo nel gennaio 2018. Nel 2017, questa ha ucciso quasi 3 persone al giorno; si contano 23 cittadini uccisi ogni poliziotto morto. Il 17 febbraio 2018, Temer ha firmato un decreto – garantito dalla Costituzione brasiliana per proteggere il paese da un collasso sociale, ma mai prima d’ora applicato in democrazia - che ha messo a capo della sicurezza pubblica di Rio un generale dell’esercito, Walter Braga Netto, incaricato delle (controverse) operazioni per frenare la crescita dei crimini commessi dalle gang nelle favelas in seguito ai Giochi Olimpici del 2016.
I brasiliani nelle piazze non hanno dubbi: l’esecuzione di Franco è legata alle “milicias”. Questa certezza ribadisce la preoccupante corruzione che impregna la polizia brasiliana e l’esistenza d’organizzazioni paramilitari violentissime integrate da poliziotti, ex-poliziotti e vigili del fuoco che opprimo e umiliano a discrezione gli abitanti delle favelas nel quadro della lotta militarizzata al narcotraffico: “Quanti altri dovranno morire per far sì che questa guerra finisca?” ha scritto nel suo ultimo post in Twitter Franco. Franco aveva messo in relazione questi interventi della polizia contro la popolazione delle favelas con la necessità del governo di conquistare i voti della classe media in cambio di promesse di sicurezza.
La solidarietà della resistenza attivista continua, rivitalizzando drammaticamente la coscienza dell’intersezione di genere, classe sociale e razza. Molte persone si sono radunate per Marielle, i giorni seguenti, in oltre dieci città del Brasile (tra cui San Paolo, Salvador, Recife, Belo Horizonte, Porto Allegre, Natal, Brasilia e Belem), a Buenos Aires, a Santiago del Chile, a Parigi, a Dublino, a Londra, a Montréal, a Washington, a New York, a Barcellona e a Bogotá. Altre manifestazioni sono previste il 18 marzo a Berlino, il 19 marzo a Lisbona e Braga e il 20 marzo a Madrid.
Le Nazioni Unite, la Commissione Interamericana dei Diritti Umani, Amnesty International e Human Right Watch – che si erano già opposte al decreto di Temer definendolo un’azione repressiva e criminalizzante delle persone povere e afro-discendenti - hanno richiesto al governo di far luce sull’assassinio di Franco. Temer ha convocato il 16 marzo a Palazzo di Planalto i suoi ministri e ha incaricato la Polizia d’occuparsi del caso, tentando di far passare nell’opinione pubblica nazionale e internazionale l’idea che l’uccisione di Franco sia stata un crimine su commissione e un atto di cospirazione contro lo Stato di diritto e la democrazia. Ricordiamo che Temer è al governo grazie a un processo di destituzione – che Franco ha chiamato “colpo di Stato” - contro l’ex-presidente Dilma Rousseff e che in ottobre 2017 questo ha modificato il Codice militare penale brasiliano per permettere che gli omicidi dolosi commessi dalle forze armate siano processati dai tribunali militari.
Come l’ha ricordato quest’8 marzo l’antropologa argentina Laura Rita Segato, l’estrema destra ha appoggiato l’impeachment della presidente Rousseff e in cambio ha chiesto l’approvazione di un suo progetto chiamato “Scuola Senza Partito” che proibisce, nell’educazione, “l’abuso della libertà d’insegnamento” per favorire una presunta neutralità dell’educazione di cui uno tra i promotori sarebbe Jair Bolsonaro, difensore della dittatura militare e della tortura come una pratica legittima. Questa "ideologia della neutralità” si traduce concretamente in una lista di libri messi al bando, una “biblioteca politicamente incorretta” dalla quale emerge una paura ossessiva per il dibattito, il confronto e la riflessione critica, chiamata “corpo del delitto” o “arma crudele d’indottrinamento” usata contro degli studenti vulnerabili. Se nulla che possa entrare in conflitto con le (presunte) convinzioni degli studenti e delle loro famiglie può far parte della pedagogia, allora ogni possibilità di dialogo sulle differenze è negato.
Nel suo primo paragrafo questa legge vieta l’applicazione dei postulati dell’“ideologia del gender” e di qualsiasi pratica che può “compromettere” lo sviluppo in armonia con l’identità biologica sesso. Questa politica s’iscrive nella vorace appropriazione del fondo pubblico per proteggere il pagamento del debito (Proposta di Modifica della Costituzione - PEC 55) che colpisce le fasce più precarizzate della popolazione, i cui diritti sociali (tra cui i finanziamenti all’educazione e la gratuità dell’insegnamento) sono sempre più indeboliti, mentre produce l’arricchimento del settore finanziario. Inoltre, questa legge della neutralità risponde alla Teoria del Capitale Umano che restringe (l’educazione de) le persone ad un fattore di produttività. Questa teoria è promossa dal movimento imprenditoriale – tra cui la coalizione di banchieri, grandi impresari e affaristi di mezzi di comunicazione Todos pela Educação - che ha definito il Piano di Sviluppo dell’Educazione e il Piano Nazionale dell’Educazione per il 2014-2024. Rafforzando le fondamenta della scuola classista (secondo la quale la maggior parte della forza lavoro deve svolgere un lavoro manuale a bassa qualificazione - per giustificare bassi salari - e quindi non necessita di cultura), questa controriforma – simile, secondo Roberto Leher, a quella attuata durante l’ultima dittatura militare - colpisce la creatività, l’immaginazione inventiva e la socializzazione dei giovani. Centinaia di scuole sono state occupate nel 2013 da studenti che hanno rivendicato un’educazione democratica contro il sapere tecnocratico e minimalista.
Tra il 13 e il 17 novembre 2017, delle manifestazioni sono state organizzate da dei gruppi neoconservatori contro la filosofa Judith Butler accompagnate da accompagnate dalla campagna mediatiche #ForaButler. Gli attivisti di Tradizione Famiglia e Proprietà (un’entità che ha appoggiato l’ultima dittatura militare brasiliana) ha lanciato una petizione che ha raccolto 360'000 firme per cancellare due conferenze di Butler: una sulla democrazia e l’altra sul sionismo. Con questo tentativo di lotta per impedire la parola degli intellettuali e degli artisti, si accusavano i libri di Butler di voler far credere al popolo brasiliano che l’identità è variabile e che è frutto della cultura. In altri termini, queste persone hanno voluto accusare l’élite oziosa che vive di soldi pubblici e di finanziamenti delle fondazioni private internazionali propagando dei comportamenti “viziosi”. Armati di crocifissi, Bibbie e magliette che domandano un intervento militare in Brasile, questi manifestanti hanno creato dei roghi di fotografie di Judith Butler – con tanto di grida: “Bruciamo la strega!” – davanti al centro culturale di San Paolo Sesc Pompéia, dove s’è tenuto il convegno internazionale “Le fini della democrazia”.
Gli Attivitisti Indipendenti, dal canto loro, hanno preteso d’attaccare legittimamente (in nome della moralità e della difesa dei valori della famiglia) Butler e la sua compagna Wendy Brown – quando sono giunte all’aeroporto di San Paolo-Congonhas – per la loro posizione politica. Quest’atto di violenza manifesta chiaramente l’assenza di pluralità (o di democrazia) delle tecniche ultra-neoliberali (o dell’educazione politica) capeggiate da Temer, ovvero un presidente che è costantemente denunciato per corruzione e approvato solamente dal 3% dei brasiliani. Questi settori neo-conservatori e antifemministi hanno accusato Butler d’essere un’“assassina di bambini”, una “corruttrice di minori”, una “distruttrice di famiglie” e una “pedofila” che propaga l’“ideologia del gender” e l’odio contro Israele.
La posizione politica femminista è vista come un nemico da eliminare e questo riconferma la pertinenza della speranza di Butler nei confronti dei recenti movimenti sociali contro le politiche neo-liberiste in quanto soggetti collettivi in grado di trasformare il carattere antagonista della politica in agonismo - dal momento che la prerogativa di scegliere con chi coabitare la terra è una pratica genocidaria.
Come dirà Butler nel video-risposta agli attacchi di odio subiti, questo è stato uno dei tanti tentativi di distruggere il mondo femminista che è giustamente visto come un mondo potente e che gli attivisti stessi sanno che non potrà essere distrutto. Le politiche sessuali reazionarie hanno un ché di nostalgico: sono degli sforzi per riportarci un mondo che non ritornerà mai più. Quest’affermazione è in linea con l’idea di Rita Laura Segato che vede nella pressione dell’offensiva generale - che demonizza e trasforma in punibile (in categoria d’accusa) ciò che è stato rappresentato come “ideologia del gender” per difendere l’ideale della famiglia come soggetto di diritto a qualsiasi costo - come la prova che l’assunto “il genere è performativo” non è né marginale né minoritario, ma corrisponde alla pietra angolare e al centro di gravità dell’edificio di tutti i poteri.
Mulheres! Vai ter luta!
R. LEHER, P. VITTORIA e V. MOTTA, “L’invasione del neoliberismo nelle politiche educative e le possibilità di resistenza: uno sguardo dal Brasile”, Studi sulla Formazione, n°20, 2017-1, pp.165-172.
L. R. SEGATO, “A Manifesto in four themes”, Euronomade, 13 marzo 2018.