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Altri cantoni sono già andati incontro al loro fallimento fiscale volendo imporre sempre più sgravi fiscali con l’obiettivo di attrarre aziende e ricchezza, passando da 150 milioni di franchi di conti pubblici in attivo e arrivando, 10 anni dopo, a un passivo di 250 milioni. Per essere in seguito costretti a imporre misure di lacrime e sangue alla popolazione.
È il modello del Canton Lucerna, a pochi passi da noi, dove è stata scelta la via delle generose riforme fiscali. E se le casse pubbliche si svuotano con i regali fiscali a imprese e facoltosi, in conclusione, per far rientrare i conti, a tirare la cinghia sarà ancora la popolazione. L’ultimo pacchetto di misure di risparmio del Canton Lucerna, ultimo di una lunga serie, ha colpito ovunque: dopo la chiusura per una settimana degli istituti scolastici avvenuta due anni fa, il sistema educativo pubblico è stato nuovamente colpito con tagli sostanziosi; ottomila persone hanno dovuto restituire i sussidi ricevuti per il periodo settembre-dicembre perché il governo ha cambiato le soglie di accesso sempre a causa dei risparmi. In tre mesi, la polizia non ha potuto rispondere a 150 chiamate d’intervento urgente perché non aveva le pattuglie sul territorio, decimate dai risparmi. Le famiglie con figli disabili si sono viste dimezzare la possibilità di ricaricare le batterie, portando un giorno la settimana il figlio in un istituto protetto. Tagli, tagli e ancora tagli per consentire sconti fiscali a chi non ne ha bisogno.
Uno scenario simile a quanto potrebbe avvenire in Ticino. Ricordiamo che la riforma fiscale in votazione il 29 aprile costituisce solo una prima serie di sgravi fiscali già annunciate dal governo. Così, il tanto vantato pareggio dei conti costruito sulla distruzione delle politiche familiari cantonali (Afi-Api decimate), sarà vanificato dalle nuove perdite causate dagli sgravi a ricchi e aziende. E allora ricomincerà il ritornello: “dobbiamo tagliare per contenere le spese pubbliche”. Votare No il 29 aprile vuol dire bloccare sul nascere il circolo vizioso dei “sgravi-tagli, tagli-sgravi” affinché questo cantone si costruisca su basi nuove e solide.
Siamo dell’opinione che non sia l’elemento fiscale ad attrarre o meno le aziende in un territorio, ma è il contesto economico equilibrato che si riesce ad offrire loro, la fluidità delle comunicazioni e la facilità degli scambi che un contesto, come quello del nostro Cantone, deve poter proporre e offrire alle realtà produttive. Generalmente il tipo d’impresa attratta da sgravi fiscali non crea ricchezza e non garantisce l’aumento del salario reale dei lavoratori, ma spesso crea precariato e dumping salariale.
Non è questa la situazione che vogliamo. La maggiore povertà che ne deriverebbe non farebbe che ridurre ancora di più la domanda creando così un circolo vizioso nell’economia.
Riteniamo inoltre fazioso continuare a proporre il tema della socialità connesso agli sgravi fiscali. Si può fare della socialità equa anche senza attuare politiche fiscali liberiste. Basterebbe ad esempio concentrarsi sulla domanda che decresce a causa dell’aumento della povertà e sostenerla con politiche mirate. Tutta l’economia reale a questo punto potrebbe trarne beneficio, così come l’occupazione, grazie ad un aumento della produzione.
Il risparmio dei ricchi non entra quasi mai in un circuito economico reale, ma si dirige verso il capitale finanziario. Questo risparmio non crea dunque ricchezza per tutte le fasce della popolazione già da anni sotto pressione a causa dei tagli sociali.
Riteniamo esista un “patto di Palazzo”, un susseguirsi d’interventi che mirano allo smantellamento dello stato sociale. Il gioiello che era il Ticino anni fa sui temi della protezione delle famiglie, dell’infanzia, delle persone in difficoltà, è ormai solo un ricordo. Eppure di sgravi fiscali ve ne sono già stati diversi! Vogliamo che si arresti questa caduta nel vuoto, vorremmo che si ricominciasse a parlare e discutere di giustizia, di aiuto e di solidarietà sociale.
Per questo diciamo NO agli sgravi fiscali e al ricatto di una politica miope che vuole solo distribuire ai ricchi il risparmio che da anni chiede alla popolazione in difficoltà tagliando sussidi e aiuti.