di Urs P. Gasche
Il bombardamento delle popolazioni civili, degli ospedali e delle scuole è un crimine. Che sia nel Ghouta orientale, a Aleppo, a Mosul o nello Yemen. Dei gruppi islamisti radicali hanno sparano e sparano ancora alla cieca – sporadicamente ma da diversi anni – delle granate sulla capitale siriana, Damasco.
Questo anche dopo il cessate il fuoco promulgato questi ultimi giorni dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. In risposta a questi attacchi, la Siria reagisce con una guerra d’aggressione sproporzionata contro il Ghouta orientale.
Nel Ghouta vivono tra 350'000 e 400'000 persone, civili, donne e bambini, sottomessi ai bombardamenti più disumani. In un sol giorno, i media riportano la morte di 80 civili, poi di 21. Le immagini delle vittime fornite dai “caschi bianchi” circolano sui media, mentre di quelle dei danni inflitti dalle granate dei ribelli, neanche l’ombra.
I governi e le popolazioni occidentali devono assistere a questi massacri nell’impotenza. Gli Stati Uniti avrebbero potuto fare pressione sul loro alleato, l’Arabia saudita, perché non fossero più fornite armi al Ghouta controllato dai gruppi terroristi islamisti. Ma siccome questi ultimi puntano alla capitale, una tale misura sarebbe andata contro i loro interessi.
La miseria yemenita
Le cose vanno diversamente nello Yemen (27 milioni di abitanti). Il paese è largamente bombardato da diversi mesi da una coalizione diretta dall’Arabia saudita con il sostegno logistico degli Stati Uniti. La sofferenza e la miseria sono ancora peggiori che nel Ghouta orientale, al punto che è difficile fare un confronto tra i due. 13 dei 27 milioni di abitanti del paese hanno un urgente bisogno di aiuto per poter sopravvivere, secondo un rapporto dell’ONU. Per riassumere schematicamente la situazione:
- La guerra ha già fatto 6'000 morti e 10'000 feriti, secondo la BBC.
- Questi ultimi anni, la guerra ha obbligato a spostarsi più di tre milioni di persone.
- Oltre la metà delle installazioni sanitarie è stata bombardata e distrutta.
- Il colera si è propagato in tutto il paese. Secondo la Croce Rossa e la BBC, si conterebbero mezzo-milione di contagiati e 1'300 decessi.
Jan Egeland, dirigente del Norwegian Refugee Council, ha parlato, già l’ottobre scorso, di una catastrofe umanitaria “di dimensioni bibliche”. […] Una causa importante di questa situazione è legata al blocco marittimo imposto dalla coalizione a guida Saudita, che lascia entrare una quantità insufficiente di acqua, viveri e medicamenti. Al fianco dell’Arabia Saudita si trovano gli Emirati Arabi Uniti, il Qatar, il Kuwait, il Bahrein, la Giordania, l’Egitto e il Marocco. La maggior parte di questi eserciti forniscono aerei da combattimento. Gli Stati Uniti li sostengono con la loro logistica, i servizi d’informazione e le armi.
Le armi dell’Occidente
L’Occidente avrebbe i mezzi di attenuare la catastrofe e addirittura di porvi fine:
- Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU potrebbe esigere un libero accesso dei soccorsi e ordinare loro il cessate il fuoco temporaneo, per permettere alle organizzazione umanitarie di accedere alla popolazione. La Russia non vi si opporrebbe. Ma al contrario, il Consiglio ha rinforzato le sanzioni contro lo Yemen, il 26 febbraio scorso.
- Gli Stati Uniti potrebbero sospendere il loro sostegno logistico all’esercito saudita e esercitare pressioni di diverso tipo sui suoi alleati implicati nella regione.
- Persino il nostro Consiglio federale e il governo tedesco potrebbero decidere di fermare l’esportazione di armi all’Arabia Saudita fino a quando il diritto internazionale non sarà rispettato nello Yemen.
Ma se politici e grandi gruppi mediatici lo esigessero, dovrebbero di sicuro far fronte agli attacchi dei rappresentanti dell’industria bellica e degli attori politici cinici, quelli che denunciano i bombardamenti su Ghouta non per compassione, ma perché vorrebbero veder nascere un governo siriano pro-occidentale, o perlomeno vedere il regime di Assad cacciato dalle principali regioni del paese.
Quanto allo Yemen, dei numerosi politici si preoccupano innanzitutto di favorire l’estensione della zona d’influenza dell’Arabia Saudita e di ridurre quella dell’Iran. Della sorte drammatica di circa 16 milioni di Yemeniti non gliene importa un fico.
Un deserto mediatico
Non esiste per lo Yemen alcun “Osservatorio dei diritti umani” con sede nel Regno Unito (come quello siriano), o nessun “casco bianco” sul posto per diffondere le informazioni e le immagini delle sofferenze della popolazione civile sofferente e in fuga.
I media sono sempre manipolati in situazione di conflitti armati. Fa parte della condotta della guerra. Chi legge, ascolta e guarda dovrebbe dunque domandarsi continuamente da dove vengono le informazioni e le immagini, preoccuparsi di quello che dice l’altra parte implicata nel conflitto, interrogarsi sulla scelta delle parole di chi ci informa, e assicurarsi che questi ultimi non disegnino un semplicistico schema in bianco e nero, di buoni contro cattivi, ma che al contrario cerchino di dare una visione completa e critica della realtà.
Fonte : infosperber, https://www.infosperber.ch/Artikel/Medien/Ost-Ghuta-Not-und-Verzweiflung-Den-Jemen-nicht-vergesssen