di Franco Cavalli
Stefano Petrucciani insegna filosofia politica all’Università La Sapienza di Roma ed è autore di numerosi volumi, molti dei quali discutono in particolare la relazione esistente tra il pensiero marxiano e i rappresentanti della scuola di Francoforte.
Questo agile volume presenta una decina di scritti, in parte inediti, in parte già pubblicati, che hanno in comune l’intento di proporre un modo critico per la rilettura odierna dell’enorme produzione di Marx, e questo nell’anno (il volume è stato pubblicato nel 2017 da Manifesto Libri) nel quale tutti ricordavano il 150esimo della pubblicazione del primo volume del Capitale.
Come dice Pieranni nel suo prologo, Marx è stato letto abbastanza poco dagli anti- marxisti, mentre molto spesso i marxisti l’hanno letto e commentato in modo dogmatico o perlomeno soggiacendo a un certo culto della sua autorità.
Il volume prende in esame, con un linguaggio chiaro e facilmente comprensibile, diverse interpretazioni innovative degli scritti marxiani, che sono state proposte recentemente, soprattutto nel mondo anglosassone.
Personalmente mi pare di poter classificare Petrucciani nel filone del cosiddetto «marxismo analitico», che ha avuto e tutt’ora ha molta fortuna, soprattutto oltre Atlantico. Proprio recentemente, per restare in tema, «il Manifesto» (4 gennaio 2018) ha pubblicato una lunga intervista con John Roemer, uno dei fondatori di questo «marxismo analitico». Egli stesso ha a lungo analizzato l’idea di cosa possa significare un socialismo di mercato. Traggo dall’intervista nel Manifesto questo paragrafo che mi pare molto significativo: «la combinazione di mercati e individualismo è tossica, ma l’uso dei mercati in una società dominata da uno spirito cooperativo può portare non solo all’efficienza economica, ma anche all’uguaglianza delle opportunità e dei redditi». Argomentazioni simili si trovano (vedasi fine della seconda parte) anche nel libro di Petrucciani, dove egli dice per esempio che «perciò la conclusione è che non si può affermare che la presenza di forme di mercato in un più complesso organismo sociale sia di per sé sinonimo di alienazione e di eteronomia».
Sulla stessa linea l’autore insiste sul fatto che sia fondamentalmente sbagliato assumere come dogma che il collettivismo e l’economia pianificata siano l’unico strumento che consenta di emancipare gli individui dalla costrizione economica, cioè dalla dominazione di classe e dunque dalla non-libertà. E qui il discorso su quale struttura economica possa effettivamente garantire uguali opportunità a tutti rispettivamente impedire una deriva totalitaria, è estremamente interessante e attuale.
Non dimentichiamo che Marx stesso aveva molto insistito sul fatto che «la libertà di ognuno è la condizione per la libertà di tutti», anche se tutto questo filone del suo pensiero è stato a lungo soppresso dagli apologeti di scuola stalinista.
Come diciamo anche altrove in questo Quaderno, siamo a pochi giorni da quel 5 maggio nel quale ricorrerà il 200esimo della nascita del grande pensatore di Treviri. La caduta del muro di Berlino ha portato con sé un certo silenzio sul pensiero e sulle scoperte, spesso «visionarie», di Marx.
Ora il dibattito è più intenso che mai e libri come quello di Petrucciani possono aiutarci, nella loro concisione ma anche nella loro attualità, a meglio destreggiarci, anche per evitare molti degli errori, anche gravi, che sono stati fatti nel secolo scorso.