A scuola d’austerità non ci vogliamo più andare!

di Zeno Casella, Sindacato SISA

 

Una scuola per tutti? Non proprio… Benché il Ticino possa vantare uno dei sistemi scolastici più avanzati e democratici della Svizzera (la scuola media unica è infatti ancora un miraggio nella maggioranza dei Cantoni d’Oltralpe)...

... non si può certo dire che a Sud delle Alpi le disparità d’accesso all’istruzione siano solo un miraggio lontano, anzi.

 

Sono numerosi gli indicatori statistici che confermano come ancora oggi l’origine sociale degli studenti ne condizioni in modo considerevole i risultati scolastici e di riflesso le prospettive professionali. Ne citiamo solo due a titolo d’esempio: nelle scuole medie superiori (licei e SCC), gli allievi di origine sociale alta hanno un tasso di bocciatura medio del 14%, mentre per quelli di origine sociale bassa questo dato arriva al 24% (CIRSE, 2015; p. 318); il 40% degli studenti provenienti dalla categoria “colletti bianchi altamente qualificati” fa ricorso, almeno a titolo occasionale, alle lezioni private, mentre questo riguarda solo il 23% dei “colletti blu scarsamente qualificati” (Zanolla, 2018; p. 165).

 

Oltre ad un’importante selezione sociale degli studenti già durante la scolarità obbligatoria e secondaria, il precariato universitario costituisce un ulteriore freno al pieno beneficio del diritto allo studio.

 

Basti considerare che in Svizzera ben 3 studenti universitari su 4 devono lavorare à coté degli studi per poterseli permettere (UST, 2017; p. 39), svolgendo generalmente delle mansioni poco qualificate e precarie: ciò spiega come mai circa il 70% degli studenti svizzeri affermino di avere delle difficoltà economiche (UST, 2017; p. 77).

 

Tale situazione è in buona parte riconducibile all’insufficienza del sostegno pubblico agli studi: a fronte di una spesa annuale che l’UST stima ammonti a circa 25’000 CHF (CdS, 2011; p. 20), il Canton Ticino elargisce assegni di studio solo fino ad un massimo di 16’000 CHF.

 

L’austerità: cronache di un disastro preannunciato

 

Le risposte della nostra lungimirante classe politica a questa grave crisi sociale vissuta degli studenti ticinesi sono state a dir poco disarmanti: se con l’adesione al concordato intercantonale del 2011 si era riusciti ad innalzare da 13’000 a 16’000 la quota massima degli assegni, negli anni successivi la direzione intrapresa in questo campo è stata diametralmente opposta.

 

All’insegna del mantra delle “casse vuote” e della “simmetria dei sacrifici”, la scure dell’austerità si è abbattuta anche sulla spesa per gli aiuti allo studio.

 

Con il Preventivo 2014, il Gran Consiglio ha aumentato da 1’000 a 1’500 CHF l’ammontare minimo degli assegni (escludendone numerosi studenti che grazie ad essi potevano fino ad allora coprire almeno il costo di un paio di mesi d’affitto), così come la quota di partecipazione delle famiglie ai costi di formazione dei figli, innalzata dal 30% al 35%. Ciò ha poi condotto ad una diminuzione dell’ammontare totale degli assegni, dato che con un semplice accorgimento contabile si è scaricata sulle famiglie una parte maggiore delle spese dei figli.

 

Nel 2015, con l’approvazione della Legge sugli aiuti allo studio (Last) fortemente voluta dal ministro Bertoli e plebiscitata dal Parlamento, si è sì tolta la competenza in materia all’esecutivo, ma si sono anche accettati nuovi drastici sacrifici per gli studenti.

 

Quale contropartita per l’approvazione della legge, il direttore del DECS (e con lui il gruppo parlamentare PS) hanno concesso la possibilità al governo di trasformare in prestito un terzo delle borse di studio per master: ciò significa che uno studente universitario può arrivare a dover restituire allo Stato somme anche superiori ai 10’000 CHF (a cui si aggiunge un interesse stabilito dal mercato)! Oltre a ciò, la quota di partecipazione delle famiglie di cui sopra è stata ulteriormente modificata, con l’introduzione di una quota progressiva che avrebbe dovuto “eliminare le punte con redditi lordi elevati” ma che ha unicamente escluso numerose famiglie del ceto medio che beneficiavano di un modesto assegno per la formazione dei propri figli.

 

E se non fosse stato per la mobilitazione studentesca coordinata dal SISA nel settembre 2016, le cose sarebbero potute peggiorare ancora: come i lettori ricorderanno, i capigruppo PLR-PPD-Lega avevano infatti proposto di estendere anche al bachelor il frazionamento in prestito di un terzo delle borse di studio.

Le conseguenze di tali scelte sono oggi sotto gli occhi di tutti: la quota di richieste accolte dall’Ufficio degli aiuti allo studio è diminuita di un quarto (passando dal 62% del 2010/11 al 46% del 2015/16), mentre il Cantone ha potuto realizzare un taglio lineare di ben 5 milioni di franchi in soli due anni (se nel 2013/14 per gli aiuti allo studio si spendevano circa 22 milioni di CHF, nel 2015/16 questa cifra è scesa a poco meno di 17 milioni!) (USTAT, 2012-2017).

 

Anche l’operaio vuole il figlio dottore!

 

A fronte di questa situazione resasi ormai insostenibile, il Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) ha quindi lanciato lo scorso gennaio una campagna per rivendicare un’inversione di tendenza e il ripristino del quadro precedente ai tagli degli ultimi anni.

 

Oltre ad aver organizzato alcuni flashmob di protesta, svoltisi a fine marzo a Lugano e Bellinzona nel quadro della settimana d’azione nazionale in difesa dell’istruzione, il sindacato studentesco ha consegnato oltre 2200 firme a sostegno della propria petizione con cui viene richiesto al Gran Consiglio di fare marcia indietro.

 

I primi risultati di questa lotta iniziano a farsi vedere: il Governo ha già adottato alcuni correttivi minimi ma comunque positivi (come la riduzione del frazionamento delle borse da un terzo a un decimo), mentre il dibattito sul tema in parlamento sembra essersi rivitalizzato (benché solo su alcuni punti sollevati dalla petizione).

 

Tutto ciò dimostra come il movimento studentesco, attraverso organizzazioni di lotta come il SISA, abbia ancora ragione da vendere e grandi possibilità di incidere nella realtà sociale e politica del nostro Cantone: ora si tratterà di mantenere alta la guardia e insistere affinché il Parlamento adotti delle misure più incisive rispetto a quelle nettamente insufficienti approvate dal Consiglio di Stato.

 

Del resto, come ben sappiamo, la lotta paga!

 

 

 

Bibliografia

– CIRSE, Scuola a tutto campo, Locarno 2015.

– Consiglio di Stato del Canton Ticino, Messaggio n. 6439, 11.10.2011.

– G. Zanolla, “Il fenomeno delle lezioni private in Ticino”, Scuola ticinese, n. 1, anno XLVII.

– Ufficio cantonale di statistica (USTAT), Annuario statistico ticinese, Bellinzona; annate 2012-2017.

– Ufficio federale di statistica (UST), Conditions d’études et de vie dans les hautes écoles suisses. Rapport principal de l’enquête 2016 sur la situation sociale et économique des étudiant-e-s, Neuchâtel 2017.

 

 

 

 

 

Quaderno 16 / Giugno 2018