di Bruno Brughera
L’autogestione a Lugano ha una storia di almeno vent’anni, portata avanti dai Molinari da quando occuparono l’edificio in disuso dei Mulini Bernasconi a Cassarate! Quindi è una esperienza pregressa e come tale ha tutto il diritto di esistere e di progredire!
Ma l’esperienza ha origini ben più lontane, si parla degli anni 80, della Rote Fabrik di Zurigo e di altre realtà del nord.
A Lugano non ci furono vere e proprie proteste giovanili che portarono ad una occupazione come nel centro economico della Limmat. Quando e come, non ricordo chi, si mise a disposizione il Padiglione Pediatrico del vecchio Civico. Sta di fatto che noi giovani di allora cominciammo a respirare e vivere qualcosa di incredibile, spazi in cui ritrovarci, far musica, teatro e quant’altro senza essere omologati, gestiti e organizzati da adulti... Quel timido tentativo si esaurì per vari fattori, subentrò in modo viscido l’eroina è tutto andò a rotoli. Ma perché?
Una cosa che molti non sanno, è che l’esperienza dei Molinari si fonda su qualcosa di più solido e ragionato, la struttura che hanno adottato e che hanno abbracciato assieme a idee, iniziative e altro ancora, si fonda sull’ autogestione partecipata. Ogni singolo/singola (le donne da sempre sono valorizzate!) ha diritto di parola e in assemblea, le entità trovano un valore che si fonda sul collettivo dando forza e peso all’assemblea e in ultima ratio all’assemblea plenaria è dove scaturisce un’idea e responsabilità comune!
Questa organizzazione è mancata al Padiglione Pediatrico, ma da vent’anni i “Ragazzi del Molino” la portano avanti creando di fatto, oltre ad essere un punto di riferimento per giovani e soggetti ai margini della opulente società, cultura.
Quando i detrattori, politici e ben pensanti, si indignano e gridano di restituire gli spazi del ex Macello ai Luganesi, sono di fatto in cattiva fede e mal informati. Già, chi mai metterebbe piede in quell’orrido postribolo di facinorosi fannulloni e larve umane? Probabilmente i graffiti esterni vengono visti e percepiti come un “vade retrum” dando una sensazione di disordine e sporcizia.
La verità spesso omessa, è che, chi è proprietario, negli anni ha fatto credere che il degrado percepito fosse di responsabilità dei Molinari mentre a occhio e croce 2/3 del sedime e degli immobili è sotto la gestione del dicastero immobili della città. Spazi che hanno cambiato più volte destinazione e a parte il blocco centrale utilizzato molto sporadicamente per delle esposizioni, vengono lasciati chiusi e poco utilizzati in condizioni pietose.
La città dopo l’ultimo incendio propagatosi incomprensibilmente in un proprio locale, per mesi non si è nemmeno degnata di proteggere provvisoriamente lo stabile danneggiato... e a pensar male si possono trarre conclusioni.
Se però si entra dal cancello giusto (la maggior parte della popolazione non sa nemmeno quale sia l’entra e quali siano in effetti gli spazi concessi da un accordo del municipio con la mediazione del cantone) si entra in un area che da tutt’altre emozioni e sensazioni!
Siamo di fatto in presenza di un presidio di solidarietà, dove l’architettura industriale di un luogo che produceva morte (rimando a vari studi su come attorno ai macelli si generassero energie negative sia per gli animali sia per la popolazione limitrofa) mentre ora gli stessi spazi generano vita, generano aggregazione e per me, un concetto chiave, generano RELAZIONE.
La cultura dell’autogestione può piacere o meno, ma è in ogni caso Cultura, è ricchezza e rappresenta e soddisfa in parte un bisogno di una fetta della popolazione e di cittadini.
Con questo scritto vorrei invitare sopratutto i detrattori a ragionare e riconoscere questa realtà con i suoi pregi e difetti anche se devono storcere il naso perché non si conformizza ai modi e tempi voluti dall’amministrazione.
Ci sono molte cose positive che i Molinari hanno prodotto in questi anni, vi voglio soltanto dire, per esempio che da anni, prima ancora che vigesse il divieto di fumare negli esercizi pubblici, al Macello, c’è la regola che fintanto in occasioni di attività, cene, riunioni ci fosse presenza di bambini... si avete capito bene, bambini!!! Lo spazio socio culturale del CSOA favorisce la presenza di mamme... ebbene la regola è che non si può fumare! Non ci sono droghe pesanti, si monitora, si dissuade coloro che spacciano ecc.
Troppo lungo l’elenco di cose che non si conoscono e troppo facile è denigrare senza sapere e magari aggrapparsi a estemporanei e rari episodi in cui hanno toppato sia come collettività ma soprattutto per demerito di alcuni singoli.
Quando sento che si vuole a tutti costi portare a termine un progetto di riqualifica, infarcito di belle parole, di milioni per abbellire e creare spazi elitari, posso solo indignarmi e cercare di partecipare a un fronte comune per far sì che si possano trovare soluzioni di convivenza. Soluzioni che includono e non escludano, non sono difficili da trovare se si ha l’onestà e la volontà di riconoscere anche un bisogno a livello cantonale, di un luogo aggregativo non omologato!
Basta con progetti solo per pochi, si tende a emarginare tutto quello che da fastidio che non piace e si da spazio solo se ci sono tornaconti...
Voglio concludere l’articolo portando almeno una proposta propositiva per uscire da una contrapposizione che è solo negativa per entrambe le parti. A mio avviso occorre identificare una persona con un alto profilo, che possa mediare e ricucire uno strappo mal tollerato che ha impedito per anni di far crescere e consolidare l’autogestione come valore aggiunto alle altre proposte e realtà della città come d'altronde esistono nei maggiori centri d’oltralpe.