Intervista a Thomas Giedemann, ferroviere e presidente macchinisti ticinesi nel SEV
di Graziano Pestoni
Thomas Giedemann ha rinunciato all’automobile in favore del trasporto pubblico di cui è quindi anche utente. Entrato nelle FFS nel 1991 quando le ferrovie erano ancora una regia federale, ha vissuto tutti i cambiamenti che hanno trasformato l’ex regia in ciò che è oggi.
Per Thomas non ci sono dubbi. Se si vuole avere un servizio pubblico e un trasporto pubblico affidabile e sicuro, se si vuole una qualità del trasporto pubblico in tutta la Svizzera, allora non si può sostenere la liberalizzazione. Liberalizzare, lo ricordiamo, significa sopprimere il monopolio e consentire al privato di accedere al mercato.
Abbiamo posto a Thomas Giedemann alcune domande su quanto successo e su quanto potrebbe ancora succedere.
Il settore merci, da qualche anno è stato liberalizzato e, in questo settore sono quindi attive diverse aziende private accanto alle FFS. Puoi spiegarci come funziona e quali sono gli svantaggi, eventualmente i vantaggi, di questo cambiamento per l’utenza e per il personale?
E’ opportuno fare un passo indietro per capire come si è arrivati a questo punto. Nel lontano 1991 la commissione europea tramite la direttiva 440 decise di liberalizzare il trasporto ferroviario con l’intenzione di “stimolare l’innovazione e abbassare i prezzi”, principio poi fatto proprio anche dalla Svizzera. Si sono pertanto affacciate sul mercato varie aziende, sia private, che pubbliche, svizzere ed estere. Queste aziende trazionano treni completi da A a B, senza manovre di smistamento per capirci, ovvero il genere di traffico più redditizio, togliendo così entrate a FFS Cargo. La quale invece deve offrire l’intera paletta di servizi, compresa la consegna locale. Risulta evidente che far quadrare i conti con minori entrate porta a dei tagli, di servizi e di conseguenza di personale. Ecco servito il lento, ma progressivo smantellamento di FFS Cargo. A livello di clienti, a pagarne il prezzo sono quelli con un volume di traffico di pochi carri, messi peggio ancora se risiedono in regioni periferiche.
In questo momento le Autorità federali stanno pensando di liberalizzare anche il traffico passeggeri. Puoi dirci quali saranno le probabili conseguenze?
L’Ufficio Federale dei Trasporti (UFT), con l’evidente beneplacito del Consiglio Federale, nel 2014 ha pubblicato la sua visione sul futuro del trasporto pubblico. Anche se accessibile a tutti su internet, Visione 2030 non sembra però aver sollevato alcuna discussione. Eppure il suo contenuto è fortemente ideologizzato e punta chiaramente ad una generale liberalizzazione. La procedura di assegnazione della concessione del traffico passeggeri a lunga percorrenza rientra in questa visione. L’UFT ha infine deciso per una soluzione che scontenta sia BLS che FFS: la prova evidente che l’UFT vuole forzare la mano pur di perseguire la sua ideologia.
L’Ufficio federale dei trasporti ha deciso delle concessioni a ditte private per il trasporto su gomma a lunga distanza. Esse praticano prezzi da dumping e fanno pertanto una concorrenza fortissima alle FFS. Come ci spieghi questa scelta, soprattutto in un momento in cui sarebbe necessario ridurre il traffico su strada e potenziare le ferrovie? Ciò metterà in difficoltà le FFS? Se sì, come?
Anche l’apertura del mercato ai bus a lunga percorrenza rientra nella Visione 2030. Chissà per quale caso della vita, le aziende che hanno ricevuto la concessione offrono servizi solo su linee redditizie quali Coira-Zurigo-Sion, Zurigo-Basilea-Ticino o San Gallo-Ginevra, direttrici lungo le quali la Confederazione ha fatto investimenti miliardari nelle infrastrutture ferroviarie: un vero e proprio sabotaggio da parte dell’UFT della volontà popolare di trasferire il traffico sulla rotaia. Indubbiamente qualche cliente opterà per questi servizi: il CEO delle FFS Meyer non ha perso tempo e ha preso anche questo spunto per esercitare pressione nell’ambito del rinnovo del Contratto Collettivo di Lavoro. A dimostrazione, se ancora ce ne fosse bisogno, che la liberalizzazione mette sotto pressione le condizioni di lavoro.
Questa scelta è stata fatta anche in Germania dove sono attive potenti società finanziarie. Dopo un periodo di prezzi bassi, dopo aver sconfitto la concorrenza, i prezzi stanno aumentando. Pensi che ciò succederà anche in Svizzera?
Innanzitutto penso e spero che questo segmento non prenda facilmente piede in Svizzera: la nostra rete di trasporti pubblici è, per ora, sicuramente più fitta ed efficiente di quella tedesca. Se dovessi sbagliarmi, sicuramente la dinamica dei prezzi seguirebbe quella di altri Paesi.
La “strategia 2030” elaborata dall’Ufficio federale dei trasporti prevede la progressiva liberalizzazione del traffico ferroviario e la conseguente privatizzazione di ampi settori. Ciò significa che la Confederazione non è a conoscenza dei disastri successi in altri paesi (Germania, Inghilterra) dove si riscontrano non solo ritardi, ma anche gravi incidenti con morti e feriti? Oppure ciò significa che le lobby finanziarie sono tanto potenti da condizionare Governo e Parlamento a fare queste scelte anche se manifestamente in contrasto con l’interesse pubblico?
A fine giugno il governo britannico ha ristatalizzato per la seconda volta negli ultimi 10 anni il servizio sull’importante linea East Coast Main Line. Consiglio Federale e UFT credono di essere più bravi dei maestri del neoliberismo: non capisco quanto siano accecati dall’ideologia e quanto siano in mala fede.
Nella Posta svizzera il processo di liberalizzazione è iniziato prima rispetto alle ferrovie. Stanno, come si sa, ad esempio chiudendo migliaia di uffici postali. Pensi cha avremmo lo stesso scenario anche per le ferrovie oppure che questo processo di distruzione potrà essere fermato?
Indubbiamente la via che taluni vogliono percorrere è questa. E’ ora che venga aperto un ampio dibattito pubblico su ciò che stà accadendo presso le ex regie federali: deve essere la popolazione ad esprimersi su quale direzione debba esser presa.
Quaderno 17 / Settembre 2018