di Red
Per finire dopo la città di Bellinzona , anche il Parlamento cantonale ha votato il credito per le nuove "officine". Città di Bellinzona, Governo e Parlamento cantonale che hanno voltato le spalle ai lavoratori e, sia detto senza troppo giri di parole, tristemente calato le braghe di fronte agli interessi delle FFS.
Una decisione davvero infausta che de facto rompe con la secolare tradizione dello storico sito industriale (le nuove "officine" saranno una sorta di moderno capannone) e che comporterà il taglio di centinaia di posti di lavoro. Significativo il titolo di apertura scelto dal quotidiano La Regione: 100 milioni per 200 posti Abbiamo quindi pensato di proporvi l'intervista a Gianni Frizzo apparsa sull'ultimo numero dei Quaderni del Forum.
Parecchia gente che vi aveva sostenuto durante lo sciopero, ora pensa che di fronte ad un investimento promesso dalle FFS di 360 milioni e ad una garanzia a lunga scadenza per un buon numero di posti di lavoro, dovreste accettare. Cosa rispondi?
Accettare sarebbe la soluzione meno dispendiosa in termini di energia e tempo e, ben si sa, come ci ha magistralmente “beneducati” il “sistema imperante”: il tempo è denaro! Visto però che il tempo è anche e soprattutto “galantuomo”, si conta sul fatto che, pian piano, si ritrovi la “bussola” e ci si possa orientare sulla realtà dei fatti, uscendo quindi dall’invasiva logica del “meno peggio”.
E’ solamente col chinarsi ad analizzare minuziosamente e con oggettività la tematica (ciò che abilmente impediscono di fare i rappresentanti istituzionali e i “baroni” politici), che ci si può perfettamente rendere conto della dimensione dell’ingiustizia che sta dietro a questa, si fa per dire, “pragmatica” soluzione.
In sostanza, si sta scialacquando intenzionalmente intese e progetti, post sciopero, che garantivano, per le Officine (OBe), un futuro dalle prospettive industriali e occupazionali sostanzialmente molto diverse da quelle che si delineerebbero (condizionale d’obblico) ora con il controverso progetto di “industria 4.0”. Quando si parla di “un buon numero di posti di lavoro” occorre rendersi conto che, per le OBe orizzonte 2026, vuol dire, in sintesi, la perdita di oltre 200 posti di lavoro rispetto a oggi e di oltre 340 rispetto il novembre 2013 (firma degli accordi “vincolanti”!). Questa “catastrofe” occupazionale è il risultato, per esempio, di una rinuncia incomprensibile d’attività (circa il 70% della cifra d’affari annua), finora svolte alle OBe, associate al traffico merci, quest’ultimo in piena espansione come lo è, tra l’altro, tutto il traffico ferroviario FFS (merci, passeggeri e infrastruttura), o privato che sia.
La tematica ha due aspetti: la localizzazione delle Officine e il numero dei posti di lavoro. Non sarebbe forse meglio cedere su uno di questi aspetti (per esempio accettando il trasferimento delle Officine) pur di ottenere una garanzia per un numero maggiore di posti di lavoro?
La proposta del trasferimento delle Officine, oltre che a non intaccare l’occupazione, avrebbe dovuto perlomeno esprimere il potenziamento delle stesse, indirizzandole verso quanto previsto dagli accordi post sciopero e relativi il Centro di competenze (Convenzioni, studio di fattibilità (BDO), generati dall’iniziativa popolare del 2008.
Assistiamo invece all’antitesi di tutto ciò: la “nuova struttura” viene “offerta” dalle FFS (lautamente sponsorizzata da finanziamenti pubblici), come valida contropartita agli impegni formalizzati in questo decennio, tristemente trasformati in merce di scambio alquanto, passatemi il termine, avvelenata!
Non va trascurato che si sta delineando lo sfratto delle Officine adducendo a dei motivi evidentemente aleatori (come quelli dovuti a motivi tecnici), mai emersi (perché inesistenti) dagli studi (SUPSI e BDO), commissionati dalle stesse istituzioni politiche che, oggi, sono impazienti di mettere le mani sulla ghiotta “seduzione” immobiliare. Gli studi evidenziavano semmai quali punti critici (analisi SWOT), proprio ciò che si sta prospettando con il progetto attuale, mediante una struttura, unilateralmente e centralmente, gestita dalle FFS.
Cedere ora di fronte a delle inadeguate lusinghe, significherebbe trovarsi confrontati, non solo, con un immediato e disastroso deficit occupazionale, ma anche, finire imbrigliati nella stessa situazione “ante sciopero”. Significa, sebbene insediati nella struttura più “moderna d’Europa”, ritornare a essere rischiosamente in balia alle decisioni strategiche FFS, a piani riorganizzativi improvvisi che possono causare, almeno per quanto riguarda il futuro della “manutenzione pesante” in Ticino, esiti drammatici come quelli già sperimentati il 7 marzo 2008! E’ questo che vogliamo?
Sembra che ci si avvii ad una votazione sull’iniziativa: quanto è ancora attuale? Pensi che sarebbe possibile avere un centro di competenza partendo dalle sole Officine?
Il progetto del Centro di competenze è stato presentato, da tutte le parti interessate (rappresentanti delle maestranze, Cantone, Città e FFS) come valida alternativa (controprogetto) all’iniziativa popolare del 2008. Lo attesta pure il messaggio governativo del 18 febbraio 2014, mediante la citazione: “tramite la realizzazione del Centro di competenze lo scopo dell’iniziativa popolare sarà raggiunto. Il Consiglio di Stato auspica che anche gli iniziativisti condividano quest’analisi e la ritirino al momento dell’entrata in funzione della Fondazione”.
Ora, bisognerebbe quindi, non solo chiedersi ma piuttosto approfondire, cosa abbia spinto, a dieci anni di distanza, i rappresentanti delle maestranze a rimettere sui “binari” l’iniziativa. Un’esigenza di chiarimento che, a quanto pare, nessuno, salvo rara eccezione, reclama. Meno dispendiosa risulta invece essere la scelta di seguire le indicazioni di “scuderia (partito)” anche se queste dovessero portare, come stiamo denunciando da tempo, a delle spiacevoli conseguenze.
Si sta pertanto decidendo sul destino di una realtà industriale e, di conseguenza, sulla sorte di centinaia di posti di lavoro, senza uno straccio di piano industriale (business plan), senza un’analisi (verifica) “super partes”, su quanto si sta, di estremamente importante, progettando e investendo a livello Cantonale e Comunale.
Si doveva quindi decidere se assecondare questo sbrigativo e riprovevole “modus operandi”, oppure, se affrontare il tema cercando di rimettere il cosiddetto “campanile” al centro del “villaggio”. Un modo questo per favorire un democratico dibattito politico e soprattutto pubblico, ciò che hanno omesso intenzionalmente di proporre finora, i centri del “potere” politico istituzionale.
Come hanno ampiamente dimostrato gli studi prodotti finora: si, sono più che convinto che le Officine possano avere un futuro attraverso l’iniziativa! Anzi, come abbiamo anche proposto attraverso il testo conforme da noi elaborato e trasmesso ad inizio dicembre alla Commissione gestione e finanze del Gran Consiglio, l’Officina potrà avere una prospettiva migliore seguendo le linea guida dello scenario tre dello studio SUPSI, che vede le OBe come Centro di profitto con forte autonomia decisionale. In questo senso l’iniziativa fissa la creazione di una società pubblica attraverso una trattativa tra Cantone e le FFS che rilevi le attuali attività delle OBe. Una società che potrà quindi sviluppare nuove attività, nuovi servizi, progetti di ricerca e innovazione nel campo della manutenzione dei mezzi di trasporto ferroviario e non.
Di fronte al moltiplicarsi delle opposizioni (l’ultima quella sostenuta da Fulvio Pelli, a nome dei Comuni della Media Leventina) c’è chi dice che tra poco le FFS ne avranno un po’ piene le scatole e decideranno di abbandonare completamente il Ticino, trasferendo il tutto a Nord delle Alpi. Ritieni che ci sia questo pericolo?
Valutando le dinamiche in corso, si è fatta strada la convinzione che, a livello politico, vi sia una sorta di patto tacito trasversale, che ha messo quindi tutti d’accordo, sul principio che le Officine debbano (per ragioni comprovate o meno) dislocare dall’attuale sito, e la “partita” in corso la si gioca esclusivamente per la conquista dell’ubicazione della struttura.
Poco importa poi entrare nel merito su quel che di concreto si farà! Quali saranno, per esempio, le attività, se si agisce, o meno, nel rispetto degli accordi sottoscritti e, soprattutto, quale sarà infine il prezzo da pagare, in termini occupazionali (perdita immediata e futura) e per la rinuncia definitiva al comprovato potenziale di sviluppo mediante, per esempio, il progetto Centro di competenze. Un potenziale di sviluppo “progettato” per le attuali Officine, ubicate esattamente dove risiedono da oltre un secolo, senza mai evidenziare alcun pregiudizio tecnico o logistico, fino alla presentazione del programma di lavoro tra Cantone e FFS “Prospettiva generale Ticino” (dicembre 2016). Addirittura tra le varianti, tecnicamente realizzabili, proposte dalle FFS fin dal 15 marzo 2017, figura quella dell’“OBe ottimizzazione”. Una variante che, con 130 milioni di franchi d’investimento (non quindi 360), per le OBe, oltre alle attuali attività (veicoli Cargo, P, I, clienti terzi, ecc.), include pure la manutenzione pesante degli elettrotreni di nuova generazione come, per l’appunto, i Giruno, i Tilo e gli ETR.
Tuttavia, vi sono rappresentanti istituzionali che sentenziano l’impossibilità di progettare un futuro per le Officine sull’attuale sito, adducendo a dei presunti (senza quindi fornire prove attendibili) motivi tecnici o d’altra natura. Accordando, in questo modo, la legittimità alle FFS di potersi definitivamente disimpegnare dalle OBe, nel caso in cui non si raggiungesse, per fine giugno 2018, l’accordo per la nuova struttura ad Arbedo-Castione. Un modo d’agire che contribuisce a rendere plausibile il famigerato piano “B”, predisposto da A. Meyer e, viste le promulgazioni, avvalorato dalle istituzioni locali, mediante l’abbandono del piano “A”, che prevedeva nient’altro che il rispetto di quanto stipulato nel periodo ante “Prospettiva generale Ticino (dicembre 2016)”.
Dunque, se le FFS, dopo averle tenute in scacco per dieci anni, si trovano ora nella “privilegiata” posizione di poter imporre la regola del “ricatto”, significa che qualcuno (che non è il Comitato e tantomeno le maestranze) ha permesso questo! Di fronte a questo scriteriato disfacimento industriale e occupazionale, non rimane che rimettere coerentemente sui “binari” l’iniziativa popolare del 2008! L’iniziativa, infine, è il solo mezzo che abbiamo ora per obbligare finalmente le FFS ad adoperarsi per sviluppare il potenziale industriale delle OBe e poter assicurare a quest’ultime lo “sbarramento” necessario per respingere le insidie come quelle del “declino programmato” e del “ricatto”!
Piena fiducia quindi alle cittadine e i cittadini affinché, come già hanno avuto modo di dar prova nel 2008, avvalorino questa nobile causa finalizzata alla tutela di un bene comune quali sono, da oltre un secolo, le Officine.
Quaderno 19 / Gennaio 2019