di Claudio Carrer
La riforma fiscale in votazione il prossimo 19 maggio abolisce veramente i privilegi sin qui concessi alle multinazionali? Rappresenta davvero un progresso dal punto di vista della giustizia fiscale? E il previsto finanziamento supplementare per l’Avs ci metterà forse al riparo da nuovi tentativi di smantellarne le prestazioni e innalzare l’età di pensionamento?
Non bisogna essere esperti fiscalisti e scienziati della politica per poter tranquillamente rispondere con un triplice no a queste domande.
La Riforma sulla fiscalità e sul finanziamento dell’Avs (Rffa, come è stata battezzata) può apparire complicata, ma in realtà è abbastanza semplice. Il suo scopo principale è quello di salvaguardare la Svizzera come paradiso fiscale per le multinazionali e i loro azionisti: i vecchi statuti speciali, non più tollerati dalla comunità internazionale, vengono semplicemente sostituiti da nuovi privilegi che consentirebbero alle grosse imprese di ridurre sia il tasso d’imposizione degli utili sia la parte di utile tassabile.
La Rffa è insomma un pacchetto di nuovi regali fiscali miliardari a chi non ne ha bisogno e l’anticamera di ulteriori tagli alla spesa pubblica e misure di risparmio che compensino le perdite nelle casse di Confederazione e, soprattutto, Cantoni e Comuni.
A pagarne il prezzo più alto sarebbe evidentemente la popolazione, in particolare la sua componente più fragile, perché i tagli, come sempre succede, andrebbero a colpire la qualità dei servizi pubblici (scuole, trasporti, ospedali), il personale che vi opera (con licenziamenti, riduzioni salariali, peggioramento delle condizioni d’impiego) e la socialità (sussidi per l’assicurazione malattia, assegni familiari eccetera).
Ma l’aspetto forse ancora più grave è il carattere ingannevole e ricattatorio di questa riforma, che poggia su un’intesa (stretta tra liberali, democristiani e, purtroppo, una grossa fetta di Partito socialista) che prevede anche una “compensazione sociale” di 2 miliardi di franchi all’anno di finanziamento supplementare per l’Avs. Con questo zuccherino si tenta di far digerire regali fiscali ai ricchi che sono assai indigesti ai cittadini, come dimostrato nel 2017 con il 60 per cento di no alla precedente riforma fiscale di cui la Rffa è praticamente la fotocopia.
Questa boccata d’ossigeno per l’Avs è l’elemento che consente alla Rffa di raccogliere consensi anche in una parte della sinistra socialdemocratica e del movimento sindacale, la quale ritiene che con questa iniezione di miliardi si allontani la prospettiva di un aumento dell’età pensionabile e di altre misure anti-sociali nella prossima riforma Avs21, che il governo presenterà in estate. Ma è una pia illusione, come confermano le recenti dichiarazioni del ministro (socialista) Alain Berset, il quale, smentendo il presidente del suo stesso partito Christian Levrat, afferma: anche se con la Rffa si iniettano più soldi nell’Avs, «il Consiglio federale non vede alcuna alternativa a un innalzamento a 65 anni dell’età pensionabile delle donne». Più chiaro di così...
E infine la Rffa è anche un attacco al diritto del cittadino, previsto dalla Costituzione, di poter esprimere liberamente la sua vera volontà. Un diritto che in questo caso è negato visto che il 19 maggio potremo soltanto dire sì o no a un unico pacchetto di misure che riguardano due ambiti (la politica fiscale e il finanziamento dell’Avs) che nulla hanno a che fare l’uno con l’altro.
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