di Francesco Bonsaver
In attesa che venga attuata l’iniziativa votata nel 2015, si moltiplicano i Ccl con paghe inferiori agli importi in discussione in Parlamento. Intervista ad Enrico Borelli, segretario regionale di Unia.
Enrico Borelli, il governo decreta d’obbligatorietà dei Ccl che presentano salari minimi da 3’200 nella vendita, e meno di 3’100 franchi al mese nel ramo delle pulizie. Entrambi sono al di sotto della soglia di povertà che dà accesso alle prestazioni sociali complementari. Come si è arrivati a questi risultati?
È un risultato inaccettabile, frutto di una situazione vergognosa che richiama precise responsabilità. Se il Ticino si trova da decenni in fondo alla classifica nazionale dei livelli salariali e se le differenze col resto del Paese permangono, quando non addirittura crescono in certe professioni, è dovuto al fatto che una serie di attori lavora congiuntamente in questo senso. E questo va denunciato pubblicamente, indicando chiaramente le singole responsabilità. Ci sono le organizzazioni padronali che fanno del dumping uno dei principali vettori della loro politica, vi sono le istituzioni guidate da una classe politica compiacente e, infine, esistono dei sindacati che si prestano a operazioni di questo tipo. Il lavoro di squadra di questi tre attori produce questi disastri che mettono lavoratrici e lavoratori ticinesi in ginocchio. I danni causati da questo lavoro di squadra, non si limitano ai soli salariati dello specifico ramo dei due Ccl, ma si estendono all’insieme dei lavoratori. Faccio un solo esempio. È grazie all’accordo tra questi partner sul Ccl vendita cantonale coi minimi salariali da 3’200 franchi, se il Ticino è stato escluso dall’obbligo vigente nel resto del Paese nelle stazioni di servizio i cui dipendenti prendono al minimo 3’600 franchi.
Questi Ccl gettano anche pesanti ombre sull’eventuale introduzione di un salario minimo cantonale...
La proposta governativa contenuta nel messaggio, oltre ad aver già indicato un importo indegno, spalanca le porte alla sua elusione con la firma di Ccl con salari minimi ancor più bassi. E qui il cerchio si chiude. I problemi del Paese non si risolvono, anzi. La brutale messa in concorrenza tra i salariati ticinesi viene così alimentata, spinta persino su livelli salariali ancor più bassi, peggiorando ulteriormente le condizioni generali del mondo del lavoro cantonale.
Quali strumenti restano al sindacato Unia per impedire questa deriva?
Quel che resta a un sindacato degno di questo nome: il coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori nella difesa collettiva e organizzata dei propri interessi. Nella vendita, ad esempio, migliaia di venditrici e venditori hanno sostenuto le nostre posizioni, firmando anche degli appelli. È altrettanto chiaro che siamo soli contro tutti, con un unico grande alleato, cioè le salariate e i salariati. Purtroppo, in un contesto come quello attuale, potrebbe non bastare.
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