Olga Jackson, candidata al Consiglio Nazionale
Nel 1871 molte popolane diedero un grande contributo alle lotte della Comune di Parigi. All’epoca le donne non avevano diritto di voto, ma si fecero subito sentire nelle organizzazioni democratiche di quartiere introdotte dalla Comune, chiedendo l’uguaglianza salariale e la creazione di nidi d’infanzia.
A quasi 150 anni di distanza, molte rivendicazioni del grande sciopero delle donne del 14 giugno, rimangono simili a quanto chiedevano quelle popolane.
Questo dimostra come nel nostro paese persista un grosso problema di discriminazione delle donne. Tutti sanno che i salari delle donne per la stessa occupazione sono di regola del 10-20% inferiori a quelli dei colleghi maschi. Tutti lo sanno, ma nel Parlamento federale la maggioranza UDC-Liberali blocca ogni misura atta a cambiare lo status quo.
La mancanza di nidi d’infanzia e di asili in generale è sotto gli occhi di tutti: forse un po’ meno in Ticino, ma soprattutto nel resto della Svizzera. E spesso, quando ci sono, costano un occhio della testa. Di recente una deputata UDC ha proposto l’abolizione di ogni sussidio federale e cantonale agli asili nido, perché non è “compito dello Stato risolvere problemi unicamente famigliari”. Che una Parlamentare nel 2019 possa dire una cosa simile, mi sconvolge.
Ma il problema si amplia notevolmente se pensiamo al valore economico del lavoro gratuito fornito dalle donne in famiglia per accudire i parenti malati o con gravi problemi. Questi lavori, incluso quanto viene definito “care”, varrebbero decine di miliardi ogni anno. Sono soldi risparmiati dalla società perché caricati sulle spalle delle donne. Ma non è una questione puramente economica. Coi ritmi attuali imposti sul lavoro e sociali sempre più veloci, il doppio ruolo di lavoratrice e di madre di famiglia diventa sempre più estenuante. Io come madre di quattro figli ho avuto la fortuna di poter lavorare a casa, senza venir sfruttata ma tutelata socialmente. Purtroppo invece molte donne sono obbligate a subire condizioni di sfruttamento e di precariato inaccettabili.
Tutto ciò sarebbe evitabile. Basterebbero delle norme che vietino l’ulteriore sfruttamento della donna. Ecco perché, pur non avendo mai fatto politica prima, ho deciso di candidarmi.