di RedQ
Guido Pedroli è morto a soli 34 anni nel 1962: con diverse pubblicazioni, ma soprattutto con il suo libro fondamentale “Storia del socialismo nella Svizzera Italiana”, è stato la persona di riferimento di quella che possiamo chiamare “la generazione PSA”. A lui è stato dedicato un ampio dibattito qualche mese fa a Locarno: incontro molto frequentato e che ha chiaramente dimostrato come Guido Pedroli rimanga ancora d’attualità.
Qui di seguito pubblichiamo come inedito un necrologio pubblicato il 4 luglio 1962 in “Libera stampa” da Guido Pult a nome del comitato esecutivo dei giovani socialisti. Guido Pult, anche lui scomparso già da parecchio tempo, era stato, pur apparendo poco in pubblico, “l’ideologo” del PSA, diventando poi più tardi e sino alla morte professore di economia all’università di Neuchâtel. Questa sua lettera è stata ritrovata solo ora e siamo molto fieri di poterla per la prima volta pubblicare. Questo anche perché siamo convinti che il dibattito che aveva suscitato allora Guido Pedroli sia ora nuovamente di grande attualità, perché nella prospettiva della rifondazione della sinistra ticinese, la figura e l’opera di Pedroli restano imprescindibili.
Guido Pedroli
di Guido Pult,
a nome del Comitato Esecutivo Giovani Socialisti
L.S. 04.07.1962
Oltre a un desolante, incolmabile vuoto, la scomparsa di Guido Pedroli ci lascia una strana sensazione. La stessa che si prova dopo un sogno, quando si tratta di passare da un mondo straordinario a quello di tutti i giorni: e ci sorprende vedere la realtà così dura, statica, noiosa, rispetto all’avvincente vicenda di poco prima.
Già, perché Guido Pedroli nel mondo politico e culturale ticinese rappresentava un evento straordinario: di fronte ai piccoli calcoli degli attivisti e dei carrieristi, alla mancanza della dimensione morale dell’uno; di fronte ai residui crociani, alla paura di sporcarsi le mani, alle attività da salotto, alla torre d’avorio chiusa a doppia mandata dell’altro, egli opponeva la sua “totalità” umana, la sua eccezionale forza di penetrazione, il suo senso di responsabilità: tutto messo al servizio di un atteggiamento scevro dai conformismi pregiudizi, fortemente impegnato nella realtà alla ricerca del senso delle cose, delle “cose stesse”. La sua personalità nasceva appunto dalla sua capacità di spersonalizzassi, dal costante rifiuto di rigidi schemi, frasi fatte, tic.
Era chiaro che nel confronto di molti doveva restare incompreso: nella misura in cui i più non riuscivano a raggiungere la sua lucidità o preferivano posizioni di comodo all’esercizio del senso morale. Perciò, quanto meschini ci sembrano coloro che tuttora insistono nel dire che le sue soluzioni politiche erano quelle di un idealista…
La miglior risposta a costoro Guido Pedroli la dette conducendo la campagna contro l’armamento atomico. Quando si vide che i suoi metodi, quelli del convincimento attraverso la pesa di tutti i dati del problema, senza ricorrere alla demagogia e alla retorica, accettando il dialogo, il dibattito appena fosse possibile, erano quelli che ci volevano per condurre in porto un successo che sembrava improbabile. È quello il periodo in cui Guido Pedroli fu maggiormente vicino alla nostra Federazione. Ma più che alla Federazione egli era vicino ai giovani che la compongono (come sempre, quel che gli premeva era l’uomo, prima dello schema o dell’organismo).
In fondo con lui perdiamo il termine di maggior valore dei nostri rapporti sociali. E se l’uomo è frutto dei suoi rapporti sociali allora la sua scomparsa ci peggiora tutti, toglie il miglior punto di riferimento ai nostri atti: si dissolve la più valida possibilità di verifica delle nostre scelte. Per questo la sua morte ci lascia incerti, malsicuri, ed una realtà piatta, opaca. Lo ricordo pochi giorni prima del trapasso. Vedere in che stato era ridotto ci aveva dapprima mozzato il fiato. Ma la sua impressionante magrezza rendeva ancor più alta e nobile la sua fronte. E quando cominciò a parlare, con il tono abituale: esitando tra un periodo e l’altro, per cercare parole più vere e più chiare, allora la sua lacerante lucidità, la sua ricchezza morale, ci cancellò d’un colpo la miseria della sua condizione fisica.
Qual’è la gravità di questa perdita? Potremo dirlo tra qualche anno, quando avremo potuto verificare quanto rare, in un paese di neanche duecentomila abitanti, sono le probabilità di incontrare le doti di Guido Pedroli, prese ad una ad una, e quanto infinitamente scarse quelle di vederle riunite in una sola persona
Tratto da: