Nicaragua: un po’ più di chiarezza, ma non troppa

Intervista a Dieter Drüssel di RedQ

 

Del Nicaragua i media oramai non parlano più: i fatti di un anno e mezzo fa sono scomparsi dall’interesse mediatico. Sul posto la situazione è abbastanza calma, anche se chi vi è stato recentemente dice di percepire una certa tensione, come se qualcosa “continuasse a bollire in pentola”. 

Abbiamo perciò cercato di fare il punto della situazione con questa intervista a Dieter Drüssel, da molti anni segretario del Zentralamerika Sekretariat ZAS (Zurigo), che coordina tutti i gruppi svizzeri di solidarietà nel Centro America ed in particolare in Nicaragua e El Salvador.

 

 

 

La “Rete-Nicaragua”, come coordinamento di tutti i gruppi di solidarietà, ha una moltitudine di contatti diretti ed indiretti con il Nicaragua. Grazie a questi contatti, come valutate la situazione sul posto ora? E, retrospettivamente, siete riusciti ad avere le idee un po’ più chiare su quanto è capitato l’anno scorso?

Sì, ci vediamo un po’ più chiaro, ma non completamente. Alcuni elementi si sono però confermati, in particolare che il tutto è cominciato con un ampio movimento che esprimeva un diffuso malcontento per gravi episodi di corruzione e per il sentirsi messi sotto una tutela pseudo religiosa da parte dello stato e della direzione del partito. Questo movimento è stato però ben presto manipolato, soprattutto da strutture che già da anni erano state finanziate dagli USA e che avevano costruito una presenza importante, oltre che nei tradizionali media di destra, soprattutto nei socials. È così che si riuscì, per esempio, a creare un’enorme ondata di solidarietà tra gli studenti a seguito dell’informazione sull’uccisione di uno studente da parte della polizia, ciò che sarebbe avvenuto nell’università UCA, retta dai gesuiti e di tendenza destroide. Solo dopo settimane si è potuto però appurare che questo morto non era mai esistito e che invece i primi morti furono un poliziotto disarmato, un sandinista ed un passante.

 

Non ci sono neanche più dubbi sul ruolo dei cosiddetti tranques (barricate con presenza di elementi armati), come strumenti di un tentativo violento di cambiamento di governo in una direzione fascistoide. Questi tranques erano collegati anche a dei centri di vera e propria tortura, come nell’università tecnologica Upoli a Managua o nel collegio retto da monache San José a Jinotepe, dove durante settimane sono state praticate delle crudeltà indicibili, in pratica coperte da religiosi cattolici e addirittura dall’episcopato.

 

Un altro esempio è l’incendio avvenuto il 16 giugno con sei morti, tra i quali due bambini, nel Barrio Carlos Marx a Managua e che in tutti i media, anche da noi, fu attribuito al governo: oggi sappiamo con certezza che furono dei criminali legati all’Upoli a compiere questo crimine e che oltretutto ora sono stati amnistiati, ciò che ha scatenato l’ira dei parenti delle vittime. Questo fatto terribile tra l’altro servì allora quale argomento fondamentale all’opposizione nel far apparire inutile il dialogo che era appena iniziato con il governo.

 

Nel frattempo si è anche confermato, ciò che non ci meraviglia, l’intervento finanziario diretto da parte degli Stati Uniti a favore di una serie di ONG e del MRS. Questo senza parlare della campagna orchestrata a livello internazionale nei media. Tutto ciò ha naturalmente creato una grande insicurezza, anche tra le nostre fila, nel frattempo però molte cose si sono per fortuna chiarite.

 

Queste ferite ed insicurezze, anche nei nostri ranghi, sono naturalmente in parte da attribuire anche a colpe dei sandinisti. Finora neanche un poliziotto è stato incolpato di violazioni dei diritti umani: e queste ci sono sicuramente state. Chi erano i tiratori scelti, che hanno ammazzato durante il mese di aprile dei dimostranti che protestavano contro il governo? Per esempio un fatto è oramai assodato al di là di ogni dubbio e concerne i due giovani, pacifici dimostranti, che furono uccisi da colpi provenienti dal palazzo municipale di Estelì. Anche in questo caso non è ancora stato redatto un decreto d’accusa. E su molte altre situazioni dubbiose ci viene costantemente ripetuto che purtroppo è difficile avere degli elementi sicuri di giudizio. E quindi continuiamo ad avere, ahimè, molti dubbi. Anche nei nostri ranghi c’è chi addirittura non esclude la presenza di tiratori scelti protetti dai sandinisti, anche se personalmente non lo credo. Ci sono però uno o due casi dove non posso escluderlo. E già questo è inammissibile. Però non dimentichiamo, pur essendo molto critici verso il FSLN, che finora in tutta la storia del Nicaragua sono sempre stati l’oligarchia e i lacchè dell’imperialismo statunitense a realizzare i più raffinati piani stragistici.

 

 

 

Il 19 luglio scorso una folla enorme ha festeggiato il 40esimo della Rivoluzione sandinista. Si può quindi dire che i sandinisti sono di nuovo la forza politica più popolare?

Non penso che si possa dirlo, così semplicemente. Ciò che questo 19 luglio (come già quello dell’anno scorso) ha però dimostrato è che la rappresentazione di quanto capitato un anno fa come una rivolta di gran parte del popolo contro una dittatura isolata, una situazione analoga a quella del 1979, è una pura menzogna. Certo che il Frente ha tuttora un grosso sostegno popolare, mentre i gruppi che hanno cercato di rovesciare in modo violento il governo sono ora sicuramente isolati. Sia in alcuni video che in online chats si vedono ora capi dell’opposizione che litigano tra di loro, che si danno la colpa reciprocamente del fallimento della rivolta, che accusano soprattutto quelli scappati negli Stati Uniti di aver usato a scopi personali i mezzi finanziari che erano stati messi a disposizione. Impressionante è che dopo l’ultimo 19 luglio in questi circoli viene avanzata, come unica proposta “realista”, quella che il COSEP (cioè la Confindustria locale) organizzi “uno sciopero generalizzato e illimitato”, quindi una pericolosissima serrata.

 

Quale sia però attualmente il rapporto di forza politica nei vari strati sociali, al di là di queste piccole minoranze, è molto difficile da stabilire con certezza. Anche perché ora a queste forze di destra non viene più permesso di organizzare dimostrazioni, una decisione parzialmente comprensibile. In questo momento però non mi sentirei di escludere che le elezioni del 2021 possano produrre un governo di destra.

 

 

 

Vedi una possibilità concreta di un rinnovamento del FSLN partendo dalla base?

Ritorno all’ultimo 19 luglio. In quell’occasione la moglie di Ortega, Rosario Murillo, Vicepresidente del governo e del FSLN, ha giocato a fondo il suo ruolo di direttrice della cerimonia. Per il suo comportamento sempre autoritario e ossessivamente religioso viene ritenuta da parte di molti compagni, ormai marginalizzati o esclusi, come il simbolo della degenerazione del partito. È da notare che sono stati spesso proprio questi compagni che l’anno scorso hanno iniziato ed organizzato la resistenza contro la brutalità dei tranqueros. Sì, subito dopo i fatti dell’anno scorso ci furono delle discussioni interne molto accese.

 

La cerimonia del 19 luglio, con il continuo e ripetitivo riferimento a Dio, alla cristianità, eccetera sembra però indicare un ritorno al passato. Durante quella cerimonia ha potuto addirittura parlare un nordamericano, che alla Casa Bianca partecipa in un gruppo di discussione biblica assieme a tipi come Mike Pompeo e John Bolton: mi fu detto che poté parlare per “ragioni tattiche”! Impressionante è stato però il silenzio di mezzo milione di persone sulla Plaza a fronte di questo suo intervento, mentre poco dopo ci fu un applauso da far tremare i vetri, quando un sacerdote cattolico invitò questo personaggio a domandare a Trump, grazie ai suoi rapporti con la Casa Bianca, di togliere immediatamente le sanzioni economiche contro il Nicaragua.

 

Se la direzione dei sandinisti non ha capito questo messaggio molto chiaro della Plaza c’è il rischio che molti attivisti ritorneranno a chiudersi in un atteggiamento passivo, ciò che potrà nuovamente aprire le porte ai sostenitori della destra. Anche se, e ne abbiamo la dimostrazione, all’interno del FSLN molti si stanno dando da fare per un serio rinnovamento, che abolisca ogni traccia di autoritarismo, corruzione e giochetti politici, per ritornare ad organizzare il lavoro politico di base sul territorio.

 

 

 

(Traduzione dal tedesco di Franco Cavalli)

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