Luca Frei, Gioventù Comunista
È in atto a livello federale una riforma del Servizio Civile, approvata già dal Consiglio degli Stati lo scorso settembre.
Questa riforma prevede una serie di misure volte a disincentivare chiunque voglia passare al Servizio Civile una volta iniziato quello militare. Fra i tanti provvedimenti, i più problematici, anche da un punto di vista giuridico, oltre che politico, sono quello di aumentare per chi ha terminato la Scuola Reclute a 150 il numero minimo di giorni di servizio e di introdurre un periodo di attesa di un anno per chi passa al servizio civile dopo aver terminato la Scuola Reclute. Data la mia sensibilità per questa tematica, io stesso infatti ho rifiutato il servizio militare optando per quello civile, ho deciso di assistere in qualità di ospite e rappresentante della Gioventù Comunista all’assemblea generale straordinaria della Federazione svizzera del servizio civile (CIVIVA), tenutasi lo scorso 11 novembre a Berna. Questa ha deciso che, nel caso in cui il Consiglio Nazionale a dicembre dovesse a sua volta approvare il progetto di riforma del Servizio Civile, seguirà la via del referendum.
Personalmente, condivido del tutto questa decisione. Infatti, il progetto promosso dalle autorità federali nient’altro è se non una limitazione del diritto all’obiezione di coscienza, il quale però spetta, secondo la Costituzione Federale, a ogni cittadino svizzero in qualsiasi momento della sua vita. Se un cittadino sviluppa un conflitto di coscienza durante la scuola reclute, è fondamentale che egli possa far valere i suoi diritti senza essere penalizzato. Questo soprattutto se si considera che in seno all’esercito svizzero continuano ad emergere problemi, come dimostrano i continui abusi sulle reclute portati alla luce negli ultimi tempi.
Se sempre più giovani decidono di passare al servizio civile, rendendosi conto della sua maggiore utilità rispetto al servizio militare, forse occorrerebbe piuttosto interrogarsi su cosa non funziona in quest’ultimo, piuttosto che rendere più difficile l’accesso all’alternativa e limitare così i diritti degli obiettori di coscienza. Oltretutto, mantenere fra le proprie fila delle persone palesemente demotivate risulta controproducente per l’esercito stesso.
Insomma, questo progetto di riforma del Servizio Civile è un vero e proprio schiaffo a chi decide di servire, per davvero, il proprio Paese senza sparare, ma anche per quegli istituti come case per anziani, ospedali, centri educativi, ecc. che fanno affidamento al lavoro dei civilisti. Un referendum, nel caso in cui il progetto venisse approvato definitivamente a dicembre, sarebbe dunque più che doveroso. Nel frattempo, però, mi auguro che il Consiglio Nazionale, e in particolare la deputazione ticinese a Berna, si opponga con convinzione a questo insulto al diritto all’obiezione di coscienza.