Omaggio al caporedattore ignoto

di Luigi Pagani, detto ul matiröö

 

Uno sperimentato giornalista, dopo anni di cronaca sul terreno, viene improvvisamente convocato dai nuovi padroni del vapore. Son giovani rampanti, del genere a cui piace inserire qualche parola in inglese per darsi un tono, nell’illusione di acquistare prestigio e incutere rispetto ai loro interlocutori.

Dietro la maschera, son tre sfigati la cui unica fortuna è esser nati con un cognome che conta. Se non fossero figli di cotanto padre, l’unica cosa che comanderebbero (ma non vi sono certezze), sarebbe il cagnolino Lola. Perché in questo lembo di terra, checché se ne dica sulla meritocrazia, i cognomi dei potenti clan familiari, pesano come ai tempi del feudalesimo. Vedrete cosa succederà nel regno ceresiano, salvo sorprese, dove si passerà da un jelmini all’altro.

 

Ma torniamo al nostro giornalista che, dopo tante suole consumate e fedeltà dimostrata alla testata, era stato promosso a direttore di un settimanale culturale del gruppo mediatico. La grande idea dei giovani rampanti, era quella di ridurre le spese unendo due riviste in una sola. Un’operazione risparmio spacciata per grande novità. Per far capire al nostro lettore, è come unire due redazioni (dopo aver liquidato qualche giornalista) è chiamare la pagina Svizzera & Ticino. Puntualmente, anche il titolo della nuova rivista contiene il nome delle due vecchie, Extra Sette. Neanche Wanna Marchi volava tanto in alto.

 

Ligio al dovere, il nostro si applica al compito assegnato e confeziona il nuovo inserto settimanale. Un compito non semplice. Direttore di se stesso e di una collaboratrice al 30%, il lavoro non gli manca di certo. Passano i mesi, 35 per l’esattezza, e il nostro

“a sorpresa vien chiamato / e il mandato gli è levato. «Smetti con la tua rivista / sia pur splendida e ben vista» gli spiegaron perentori / tre dei grandi direttori. «Va a Lugano, che han bisogno, / e sopperisci al fabbisogno di un redattor con esperienza, / che non posson più star senza». Inver lui è un po’ scornato, / ma obbedisce al padronato, e al Maghetti lì starà / dietro ai vetri a faticar”.

 

Ci perdoni il consumato giornalista di aver preso a prestito le sue parole, ma vuol essere un omaggio al suo stile. Se ve la siete persa, ma siete abbonati al corriere per una vacua tradizione familiare, l’audace filastrocca la potrete ritrovare nella versione digital. Dopo di che, ponetevi la questione se sia giusto prorogare l’abbonamento ai tre grandi direttori. Anche perché, la nuova impostazione tutta rampante del giornale, presenta una curiosità degna di nota. I volti degli estensori dei pensierini pubblicati nelle pagine iniziali, son sempre maschi e vecchi. A volte più vecchi dentro che fuori, ma di certo rigorosamente maschili. Ormai al corriere, anche solo di umili redattrici è difficile trovarne. Se poi mamme, l’invito a restar al casolare, è garantito.

 

Tornando al gesto dell’ignoto caporedattore, qualificato da eroico nei sussurri dei colleghi nelle redazioni del Corriere, non è stato apprezzato dai “grandi” direttori di quel foglio. Niente acquario del Maghetti per il nostro, ma una lettera di disdetta dopo trent’anni di onorato e fedele servizio alla testata. Motivo del licenziamento: “Al nuovo corso del Corriere la dignità non è apprezzata”.

 

Ora la palla se le giocheranno gli avvocati, perché la partita non è ancora finita. All’uomo Rocco Bianchi, ul mattirö invoca alla plebe un plauso di stima per un gesto che, da noi, raramente succede.

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