Impianti idroelettrici. Riversioni a rischio?

Graziano Pestoni, Ass. per la difesa del servizio pubblico

Il 19 ottobre 2010 il Gran Consiglio, all’unanimità, prese una decisione che si può definire storica. I grandi impianti idroelettrici, gestiti in gran parte da colossi privati con sede oltr’Alpe, alla scadenza delle concessioni dovranno essere gestiti in proprio dal Cantone, tramite la propria azienda, ossia l’AET.

 

A questo scopo è stato modificato l’art. 2 della Legge sull’utilizzazione delle acque. In precedenza la legge dava la facoltà allo Stato di cedere ancora lo sfruttamento delle acque da parte di aziende private, le cui concessioni arriveranno a scadenza a partire dal 2024.

 

Questa decisione sembrava porre fine a un periodo assai turbolento a livello di politica energetica, dopo varie disavventure imputabili ai dirigenti di AET, l’infausta decisione del Gran Consiglio di partecipare finanziariamente alla costruzione della centrale a carbone di Lünen (2009, 2010) e la mozione Vitta/Quadri tendente a privatizzare l’AET (2008).

 

Purtroppo così non è stato. Ecco alcuni esempi.

 

Primo. Nel 2012 l’AET avrebbe avuto l’opportunità di acquisire la Società elettrica sopracenerina (SES), in precedenza di proprietà di Alpiq nella misura di oltre il 60%. Trattandosi di un’azienda di distribuzione, anche nel nuovo assetto societario la partecipazione dei comuni sarebbe stata ovviamente giustificata. La commissione energia aveva tuttavia ritenuto che la maggioranza delle azioni avrebbero dovuto rimanere nelle mani di AET. Per ragioni non molto chiare, AET oggi detiene invece solo il 30% del capitale. Ciò ha significato la rinuncia ad una politica energetica coerente a livello cantonale, prezzi elevati ai consumatori e il mantenimento di privilegi ingiustificati ai dirigenti.

 

Secondo. Nel 2014 il Gran Consiglio, su proposta del DFE, ha soppresso le competenze della Commissione energia e del Parlamento di approvare il rapporto di gestione, conferendo agli stessi unicamente il compito di alta vigilanza. Non è inutile ricordare che è proprio grazie a questi ruoli che in passato, è stato possibile correggere e indirizzare l’attività di AET, nel momento in cui essa stava svolgendo attività non ritenute conformi al servizio pubblico e al suo mandato. La modifica ha conferito l’essenziale delle competenze al Consiglio di Stato, dimenticando che, non tanto tempo fa, il Governo o suoi componenti avrebbero voluto privatizzare l’AET. In realtà, è come se avessero messo la volpe nel pollaio. La soppressione di queste competenze è molto grave: ciò significa infatti sopprimere il controllo democratico su un’importante azienda cantonale.

 

Terzo. Ora, alla vigilia delle prime riversioni dei grandi impianti idroelettrici, appaiono primi segnali preoccupanti. In manifesto contrasto con quanto previsto dalla legge, Christian Vitta (vedi laRegione 7 dicembre), annuncia che, per quanto riguarda le riversioni “intende valutare il coinvolgimento di più attori pubblici cantonali in questa operazione. Oltre all’AET e allo stesso Cantone, potrebbe essere un’ipotesi da approfondire anche il coinvolgimento della Cassa pensioni dello Stato”. Si tratta, come detto, di una proposta in netto contrasto con quanto previsto dalla legge e costituirebbe, dal profilo istituzionale, una nuova privatizzazione delle nostre risorse idriche.