di Luca Celada
Passato inosservato nel concitato turbine del frullatore trumpiano, il caso del sergente maggiore Edward Gallagher, del suo crimine di guerra, condanna, grazia e consacrazione racchiude al contempo la bieca violenza e la demagogia del regime che si è impadronito della Casa bianca.
La vicenda non rappresenta l’unica atrocità della guerra dei vent’anni in Medio Oriente ma incarna l’abisso morale in cui il trumpismo ha sprofondato il paese.
La vicenda è stata documentata in The Weekly , la serie di approfondimento del New York Times, in un reportage firmato dall’inviato Dave Phillips. L’inchiesta è basata su un leak di centinaia di documenti, foto, atti processuali e video operativi della marina. Nella fattispecie la “collezione” comprende immagini delle helmet cam – le telecamere apposte agli elmetti del militari – e le deposizioni registrate di una mezza dozzina di militari. Dall’inchiesta emerge l’identikit di un fanatico con alle spalle una lunga storia di crimini, della sua condanna per l’omicidio particolarmente efferato di un prigioniero inerme e del suo scagionamento e consacrazione ad eroe per intervento diretto di Donald Trump.
Nelle forze speciali della US Navy il comandante Gallagher aveva la reputazione di duro e di combattente tenace e ringhioso, uno che non vedeva l’ora di menare le mani e di “uccidere i nemici degli Stati uniti”. Che fra questi fosse finita almeno una ragazza dodicenne – uccisa durante la campagna Usa afghana - non aveva impensierito più di tanto i superiori che avevano deciso di chiudere un occhio davanti agli “eccessi di patriottismo” del solerte sergente. Anzi nel tempo le sue azioni gli erano valse un petto pieno di medaglie e raccomandazioni per valore. In realtà Edward Gallagher è una specie di “Callaghan” – considera di essere un giustiziere, proclama di essersi arruolato per ammazzare terroristi non per seguire regolamenti. Cecchino dal grilletto facile, è sempre in cerca di un occasione per fare “giustizia”, senza badare troppo a chi finisce nel suo letale mirino. La reputazione, come si dice, lo precede e quando viene nominato comandante del Plotone Alfa del “Seal Team 7” viene apparentemente accolto come una “leggenda” dalla squadra stanziata a Mosul.
Ora del 2017 le forze Usa avrebbero in teoria un ruolo principalmente di addestramento e supporto dell’esercito iracheno, ma Gallagher non ha intenzione di farsi sfuggire “l’occasione d’oro” di Mosul, come la descrive ai compagni. I ragazzi del team cambiano ben presto idea sul suo conto. Nelle deposizioni registrate dal tribunale militare, almeno sei commilitoni descrivono le sue azioni come quelle di una squilibrato assetato di sangue. Edward Gallagher fa di tutto per cercare lo scontro, insiste nel cecchinaggio e si vanta del numero delle sue vittime, comprese, in una sola giornata, quattro donne. Gallagher è chiaramente fuori controllo al punto che al rientro in base a Camp Pendleton, vicino San Diego, un gruppo di commilitoni lo denuncia al comando.
Agli inquirenti della US Navy, i compagni raccontano soprattutto del pomeriggio del 6 maggio 2017. Quel giorno il Plotone Alfa richiede il bombardamento di una casa in cui avrebbero individuato un commando Isis. Quando si dirada il fumo dell’esplosione provocata dai missili, i combattenti sono effettivamente stati uccisi tutti – meno uno. Appreso del sopravvissuto, il comandante Gallagher si attacca alla radio e ordina alle forze irachene sul posto di non toccarlo – “È mio!”, urla mentre lancia l’Humvee a tutta velocità verso il luogo del bombardamento. Il tragitto a rotta di collo è registrato dalla hel met cam come un videogioco mozzafiato. Giunti sul luogo i commando americani si trovano davanti ad un ragazzo all’apparenza di 16-17 anni ferito e sanguinante. È stato fasciato alla meglio e sedato per il dolore, è a malapena cosciente. Nel video, alle domande dei militari iracheni che lo sorreggono risponde con un filo di voce. Gli Iracheni lo vorrebbero trasferire per cure e interrogazioni come dispone il protocollo, ma Gallagher non ci pensa nemmeno. Con un balzo è a terra accanto al giovane esanime con una valigetta che sembra del pronto soccorso (fra le qualifiche è anche infermiere). Che le sue intenzioni non siano di soccorso è apparente quando il prigioniero con uno sforzo rotola sul fianco. Gallagher gli inchioda violentemente il bacino a terra, traffica con i contenuti della sua valigetta… Qui il video si interrompe – o meglio mostra una mano che va verso l’interruttore e la spegne. Ma le dichiarazioni dei commilitoni agli inquirenti continuano il racconto: è a questo punto che dalla valigia delle “cure” Gallagher estrae un coltello da caccia e lo affonda una due o tre volte rapidamente nel collo del giovane che in pochi minuti muore dissanguato.
Nel dossier ottenuto dal Times ci sono immagini successive: sono le foto ricordo che ritraggono il commando, riunito attorno al cadavere. Edward Gallagher è inginocchiato al centro, tiene il morto per i capelli per esibire meglio il volto del trofeo. Più tardi Gallagher le manderà via mail ai suoi amici aggiungendo una didascalia al macabro reperto: “Questo l’ho sistemato col coltello da caccia”. Inizialmente poco propensi all’inchiesta gli inquirenti della Navy decidono di procedere quando i commandos minacciano di contattare la stampa. Gallagher viene arrestato, nel suo computer vengono rivenute le foto e le mail. Nella famigerata valigetta c’è il coltello. Ma l’avvocato per la difesa ha in mente una strategia: contatta i media conservatori. Così sui talk show della Fox News in particolare emerge la narrazione di un eroe di guerra crocifisso per aver fatto bene il proprio dovere, tradito da commilitoni senza lo stomaco per difendere la patria come si deve. Lo spettatore più assiduo del network di propaganda, si sa, è l’inquilino dello studio ovale, e Donald Trump si attiva subito per assistere la “vittima”: chiede che venga messo ai domiciliari, dichiara da subito che “lascerà fare il proprio corso alla giustizia” ma che la grazia è già pronta “per il nostro eroe”. Puntualmente sarà così e Gallagher viene invitato alla Casa bianca con tutte le onorificenze.
La marina decide comunque di espellere Gallagher dalle forze speciali e togliergli il grado ma il presidente lo proibisce e quando il ministro della Marina Richard Spencer obbietta che i regolamenti disciplinari vanno rispettati al di là delle volontà presidenziali, lo licenzia senza tanti complimenti. Il segnale ai militari che hanno rischiato tutto per rompere l’omertà e denunciare l’omicidio è inequivocabile come lo è a quelli che potrebbero farlo in futuro. Con questo presidente le atrocità sono bene accette e l’impunità garantita.
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