Q 27 - L'editoriale
L’ultima domenica di settembre saremo chiamati ad esprimerci su diversi oggetti cruciali per il futuro del nostro paese, tra cui in particolare l’iniziativa UDC furbescamente chiamata “Per un’immigrazione moderata”.
Come capita con quasi tutte le iniziative popolari della destra populista, anche in questo caso il titolo e l’obiettivo apparente non corrispondono con quanto si vuole in realtà ottenere: dietro alla promessa di abolire la libera circolazione e limitare l’immigrazione, i “primanostristi” celano in realtà l’obiettivo di sopprimere quei pochi diritti che i lavoratori di questo paese hanno conquistato con le misure d’accompagnamento, avversate dalla parte più reazionaria del nostro mondo economico. Per capire le implicazioni di questa votazione, bisogna fare qualche passo indietro.
Storicamente, in Svizzera i diritti acquisiti dai lavoratori sono ben poca cosa e si riducono per lo più a quanto conquistato a furor di popolo oltre cent’anni fa con lo sciopero generale. Checché ne dicano UDC e Mattino della Domenica, il dumping salariale in Svizzera (e in particolare in Ticino) è cominciato ben prima dell’entrata in vigore della libera circolazione con l’UE: quest’ultima ha solo accelerato un fenomeno purtroppo già ben radicato. Attratto dai ricchi guadagni derivanti dall’accesso al mercato unico europeo, negli anni ‘90 il mondo economico svizzero accettò di malavoglia le misure d’accompagnamento – che introdussero una serie di diritti per i lavoratori sin lì sempre negati – pur di scongiurare un’alleanza tra sinistra istituzionale e destra populista che avrebbe potuto affossare gli accordi bilaterali e la libera circolazione. Come la storia ha poi mostrato, queste misure di accompagnamento hanno attutito gli effetti negativi della libera circolazione sul dumping salariale nel resto della Svizzera, mentre in Ticino si sono rivelate insufficienti. Il padronato ticinese continua ad attingere a piene mani dal bacino di forza lavoro lombardo, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori della vicina penisola per imporre la brutale messa in concorrenza tra salariati, trascinando così il Cantone in una spirale al ribasso del nostro già precario mondo del lavoro.
I fenomeni più preoccupanti sono noti: dumping salariale diffuso, diminuzione statistica delle paghe in molti settori, sostituzione del personale residente, ulteriore accentuazione del divario salariale col resto del Paese (penalizzando ancor di più la differenza salariale tra donne e uomini), espulsione dal mondo del lavoro degli ultracinquantenni, fuga dei giovani cervelli,… Dopo aver respinto per anni (con il sostegno del PLR) le richieste di sinistra e sindacati di rinforzare le misure di accompagnamento per far fronte a questi fenomeni, l’UDC cerca ora di sfruttare la guerra tra poveri scatenata dall’accelerazione del dumping salariale per cancellare le poche conquiste strappate dai lavoratori con l’approvazione della libera circolazione.
Non bisogna quindi lasciarsi abbindolare dalle ennesime vuote promesse dell’UDC: il vero obiettivo di imprenditori come Blocher e dei suoi amici della Goldküste non è di limitare l’immigrazione, né tantomeno di rinforzare i diritti della manodopera residente, ma di spazzar via le deboli tutele dei lavoratori oggi esistenti che impediscono il dominio incontrastato della legge della giungla neoliberista. Come ben ricordava Claudio Carrer dalle colonne di Area lo scorso 26 giugno, se questa iniziativa sarà approvata ripiomberemo nel girone infernale dello statuto dello stagionale, dei contingenti e di altre porcate che per decenni costrinsero la manodopera straniera ad una vita disumana ed aumentarono lo sfruttamento e la pressione sui salari di tutti i lavoratori della Svizzera, azzerandone i diritti.
Di fronte ai piani regressivi degli ambienti padronali (EconomieSuisse, USAM e compagnia bella) per il dopo pandemia, e tenendo conto degli innegabili problemi posti oggi dagli accordi bilaterali e dalla libera circolazione, di pancia verrebbe voglia di votare sì, giusto per far saltare il banco. Ma con questo gesto di protesta faremmo il gioco di quei nemici del popolo che vorrebbero deregolamentare ancora di più il nostro mercato del lavoro, e finiremmo così dalla padella nella brace.
Per ridare dignità al mercato del lavoro e rinforzare i nostri diritti di lavoratrici e lavoratori, dovremo costruire un fronte politico e sindacale forte, in grado di invertire i rapporti di forza con il padronato, che oggi agisce indisturbato e ci impone dumping salariale e precarietà. Il cammino sarà lungo, richiederà forza, entusiasmo e sacrifici. E il primo passo da compiere sarà proprio quello di votare NO a questa subdola iniziativa dell’UDC.
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