di RedQ
Quest’anno il lockdown dovuto alla pandemia ha fatto diminuire in modo drastico, per almeno tre mesi, le prestazioni mediche legate a tutte le altre patologie. Non c’è dubbio quindi che i costi della salute alla fine dell’anno saranno inferiori a quelli dell’anno precedente e che quindi i premi di cassa malati sarebbero dovuti diminuire o perlomeno restare stabili, non di certo aumentare.
L’aumento continuo dei premi di cassa malati è la preoccupazione principale di gran parte della popolazione.
Quindi è sicuramente giusto che il Consigliere federale Berset torni ad occuparsi dei costi della salute: dopo alcune riformette realizzate negli anni scorsi e che in concreto non hanno risolto assolutamente nulla, ora tenta il balzo in avanti con tre proposte di peso, che in buona parte ricordano le soluzioni tecnocratiche avanzate già una ventina di anni fa dall’allora presidente del PSS Peter Bodenmann. Nelle intenzioni di Berset, le sue tre proposte dovrebbero frenare o addirittura far diminuire i costi della salute e quindi possibilmente portare ad una leggera diminuzione dei premi di cassa malati.
Dopo gli Stati Uniti, che spendono attualmente quasi il 18% del PIL per la salute, la Svizzera si piazza al secondo posto con oltre il 13%. Si può discutere se questo sia troppo e se sì, di quanto, anche perché è quasi impossibile fissare una soglia ideale, anche se l’OECD la stabilisce all’11% del PIL. Quello che è sicuro è che da noi questa spesa è mal distribuita: mentre mancano fondi per le cure domiciliari e per le case anziani, il 15-20% di quanto spendiamo attualmente va, come ci ricordava già il compianto Francesco Domenighetti, a finanziare prestazioni inutili, che servono solo a rimpinzare il portafoglio dei prestatori d’opera e sempre di più anche ad aumentare i guadagni dei monopoli farmaceutici. E non parliamo di bruscolini: questo 15-20% corrisponde – perlomeno per quanto riguarda l’assicurazione di base – a ben 6 miliardi all’anno!
La prima proposta di Berset, basata sull’esperienza soprattutto olandese del Gate Keeper, vorrebbe permettere ai pazienti di andare da medici specialisti solo dopo aver avuto la luce verde dal proprio medico di famiglia o da una non meglio definita (e per il momento inesistente) istituzione cantonale. L’intenzione è lodevole ed è importante rivalutare il ruolo del medico di famiglia. Peccato però che in un sistema ambulatoriale totalmente privatizzato ed in parte anche un po’ mafioso, tutto ciò arrischia di basarsi soprattutto su uno scambio di bustarelle tra i vari attori sanitari.
La seconda proposta è quella di maggior peso: in pratica si istituirebbe un budget globale per la spesa ambulatoriale a livello nazionale, che verrebbe poi suddiviso tra cantoni e le varie istituzioni e specialità. Qui Berset tenta tra l’altro di formulare un controprogetto all’iniziativa popolare del PPD che – pur senza suggerire come – richiede di limitare l’aumento dei costi della salute. Purtroppo però in un sistema dove dominano gli interessi privati e strutturalmente basato, dopo le ultime revisioni della LAMal, sui principi della concorrenza, questo budget globale scatenerebbe un’orgia di conflitti tra cantoni, istituzioni sanitarie varie e congreghe mediche, finendo in una sequela interminabile di querele giuridiche, come è stato il caso quando alcuni cantoni hanno tentato di fare una vera pianificazione ospedaliera.
La terza proposta prevede che, in base al volume della spesa, alla fine dell’anno le case farmaceutiche, almeno per i farmaci molto costosi, debbano retrocedere una certa percentuale di quanto incassato alle casse malati. La proposta è però formulata in modo tale da far pensare che sia poco più di una foglia di fico per far tacere il crescente malcontento della popolazione di fronte ai guadagni stratosferici dei monopoli farmaceutici.
A questo punto qualcuno forse ci dirà: ma secondo voi allora non è proprio possibile fare alcuna riforma? Se non si andranno a scardinare alcuni dei nodi centrali che si sono venuti a creare con le varie revisioni della LAMal, ogni tentativo di riforma finirà con il trasformarsi nel classico tentativo di quadratura del cerchio. E cosa bisogna cambiare l’abbiamo già detto parecchie volte: abolire il finanziamento ospedaliero per DRGs e i sussidi alle cliniche private, correggere l’insufficiente finanziamento ai servizi domiciliari, alle cure croniche, alle case anziani ed introdurre un controllo basato sulla qualità e non sulla quantità. E soprattutto rinunciare al principio della concorrenza che in medicina serve solo ad aumentare i costi. O ancora, come proposto dall’assemblea della JUSO a inizio settembre, nazionalizzare l’industria farmaceutica e passare ad un sistema sanitario interamente finanziato con le imposte. A conti fatti, si tratta di ritornare ad un finanziamento che corrisponda ai bisogni dei pazienti e non ai teoremi burocratici dei tecnocrati neoliberali.
Non dubitiamo che Berset sia in buona fede: ma come spesso si dice, l’inferno è lastricato di buone intenzioni… Il suo lancio in profondità arrischia quindi molto probabilmente di finire in corner.
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