di Bruno Brughera*
Approcciando questo testo, mi immagino che leggendo il titolo vi sareste aspettati “il bastone e la carota” come le neuro scienze potrebbero confermare quando si inizia a percepire una parola o frase... Ma di quello che vi sto parlando, di “carota“ non se ne trova traccia.
Sono due gli ambiti che voglio accumunare e che apparentemente sono disgiunti. Il primo vede il tema dell’autogestione, dei Molinari, mentre il secondo a più ampio respiro, s’iscrive nel dibattito sulle politiche giovanili.
Quello che a me pare un comune denominatore, è, lo dico in modo chiaro e forte, la criminalizzazione da parte dei politici e amministratori della cosa pubblica, per tutte quelle forme di manifestazione e comportamenti che urtano la loro visione di società.
Sia l’esistenza dei Molinari come realtà antagonista, sia gli adolescenti con criticità e/o “difficili” da gestire, vengono o li si vorrebbe relegare nel limbo della criminalità, dell’ illegalità. Questo giustifica misure dure e repressive da parte di chi detiene il potere e fa applicare le leggi. Senza coinvolgere la magistratura dei minorenni, chiamata a equilibrismi tra azioni di protezione, di “educazione” e di applicazione di leggi, possiamo considerare potere, anche quelle realtà educative e psico-educative che esigono il rispetto di regole da parte di giovani allo sbando e che il più delle volte sono portatori di vissuti famigliari devastanti.
Prendo spunto dalle prime dichiarazioni di Karin Valenzano-Rossi dopo la conferma alla sua elezione a municipale; “ sono per il dialogo, ma se non c’è, dobbiamo procedere...” ecco il clone femminile dell’ormai vice sindaco, pronta a riprendere il mantra della legalità, del pugno duro, del bastone! Questa narrazione falsata da una visione criminale di atti - invero pochi e poco riconducibili ad una volontà di scontro aperto materiale e fisico -, porta l’opinione pubblica a convincersi che chi non rispetta le regole e le leggi, sia da criminalizzare e che è giusto intervenire a tutela della società! Peccato però che nel caso dei Molinari, si parli di una realtà, di una piccola porzione di società, di cittadini che hanno una visione diversa dall’ingessato mondo borghese cui i ben pensanti vogliono ostentare come unico modello applicabile.
Il famoso dialogo è solo un pretesto facile da utilizzare ed evidenziare in quanto come autorità, appare semplice sostenere che la contro parte non collabori. Ostinarsi a vedere del “marcio” o far credere che ci sia un autogestione buona e una cattiva. Oppure far credere e pretendere che si possa sterilizzare una realtà che per definizione è antagonista e voler imporre un “modus operandi alla carte” come se fosse un centro giovanile magari gestito da operatori sociali alle dipendenze della città, è un contro senso che non può essere accettato! Come si può interloquire con questi presupposti? Ecco che il giustificato diniego viene trasformato in una disubbidienza da punire e correggere a bastonate. Bastonate a colpi di proclami a mezzo stampa e comunicati, ma pure oltre ad essere già state debitamente inflitte tramite il braccio delle forze dell’ordine in alcune occasioni, pronte a breve ad essere scagliate contro il presidio che l’assemblea ha invocato per resistere alla volontà di sgombero.
La realtà dell’autogestione non è solo giovanile come i più potrebbero pensare, ma è composta da una parte di popolazione che tra aderenti e simpatizzanti copre una larga fetta del popolo della sinistra ticinese e che di fatto crea un “Rõstigraben” nostrano. Nella città più a destra e intollerante della confederazione, questo prelude a un probabile scontro sociale se non si troverà un’alternativa al ricorso del bastone...
Il parallelismo con le politiche giovanili, lo troviamo nel progetto del CECM (Centro educativo chiuso minori) che lo si vorrebbe edificare a Castione. Anche qui, la politica del bastone, sembrerebbe prevalere sulla “carota”. Sembrerebbe più facile e semplice gestire quei casi considerati difficili attraverso azioni coercitive e punitive piuttosto che impegnarsi nella ricerca di soluzioni educative volte a recuperare, sollecitare, condurre e incanalare le difficoltà e disagi di questi giovani con sistemi che privilegiano la relazione senza che questa venga interrotta dal collocamento in un centro o struttura pensata per l’accoglienza di ragazzi e ragazze che sono portatori di sofferenza causata nella maggior parte dei casi da situazioni familiari disastrose.
È molto più semplice e sbrigativo rinchiudere queste persone, questi minori in camere predisposte al contenimento coercitivo piuttosto che investire in qualcosa di innovativo sicuramente più dispendioso dal profilo di personale formato preposto ad investire energie e tempo per recuperare e far crescere questi minori come persone adulte capaci di inserirsi nella società. Purtroppo, troppi politici sono assolutamente ignari dei danni che queste visioni e modi di gestione di minori, siano lesive e controproducenti. Il ricorso di psicofarmaci ampiamente abusati dai specialisti sta annientando molti giovani, i quali non possono essere recuperati e inseriti in veri processi educativi e di crescita personale. Quando poi questi strumenti chimici non bastano più, il bastone per gli amanti dell’ordine e della disciplina, diviene il mezzo prediletto, al pari delle purghe fasciste di non lontana memoria.
Su questo tema del CECM torneremo presto sperando che seminando carote potremo avere dei buoni raccolti.
* Bruno Brughera
membro del Coordinamento
ForumAlternativo