di Franco Cavalli
Sul contesto che ha portato al dramma ucraino mi sono già espresso, quando l’aggressione poi ordinata da Putin sembrava ancora improbabile. Ammesso e non concesso che ci sia una guerra sensata, questa è però particolarmente insensata.
Se tutto non mi inganna, difatti alla fine, se si vuole evitare la terza guerra mondiale, non si potrà che arrivare a una soluzione che avrebbe benissimo potuto essere concordata per vie diplomatiche senza ricorrere alle armi.
La schizzo in poche parole: neutralità dell’Ucraina, autonomia per le regioni russofile dell’est del paese, garanzie internazionali contro ogni ulteriore intervento militare russo. Ho addirittura l’impressione che se ci fosse stata ancora Angela Merkel a Berlino, la guerra si sarebbe probabilmente evitata. Invece le follie neozariste di Putin si sono scontrate con un totale irrigidimento di Washington, dove a dominare è il falco Blinken, tra l’altro discendente di famiglia ucraina, già colpevole dell’inasprimento della Guerra Fredda contro Pechino, compreso l’insensato boicotto dei giochi olimpici.
Di questa crisi vi sono due aspetti che mi hanno particolarmente impressionato. Avantutto l’intolleranza di molti guerrafondai da divano contro coloro, spesso definiti quinta colonna putiniana, che sono contrari a che si inondi d’armi l’Ucraina o addirittura si dichiari una no-fly zone, in quanto convinti che tutto ciò non potrà che aumentare le sofferenze del popolo ucraino, a fronte di una soluzione diplomatica abbastanza ovvia e probabilmente ottenibile combinando sanzioni economiche e oceaniche manifestazioni pacifiste.
Mi sono allora ricordato che nel 1956, quando cominciavo a seguire gli avvenimenti mondiali, m’aveva colpito che in occasione dell’invasione sovietica dell’Ungheria, la polizia aveva dovuto intervenire in forze per evitare che alcuni noti dirigenti del Partito del Lavoro fossero vittime di gravi violenze. Un altro parallelo, questo positivo con gli eventi di allora, è rappresentato dalla commovente solidarietà popolare nell’accogliere i profughi ucraini, che stanno arrivando a decine di migliaia, come era stato anche il caso per gli ungheresi.
Mi compiaccio anche che le nostre autorità, per una volta in pieno accordo con quelle di Bruxelles, garantiscano a questi profughi il permesso S, che dà loro immediatamente ampie possibilità di integrarsi nella vita sociale e lavorativa del nostro paese. Quest’atteggiamento stride però dolorosamente con la crudele politica di chiusura totale della Svizzera verso i profughi siriani, yemeniti, iracheni, afgani, libici, eritrei, somali eccetera, che quando riescono a non annegare nel Mediterraneo o a non congelare al confine polacco (!), vengono brutalmente respinti o talora, se hanno fortuna, finiscono in un bunker per anni. Ma come hanno detto Salvini e altri famigerati politici destroidi, questi profughi sono europei, intelligenti, istruiti e... sottinteso, ma non troppo, sono bianchi e non musulmani.
Da noi il razzismo è stato un po’ più velato e ammantato da pudici atteggiamenti farisaici. Così dapprima la responsabile della politica d’immigrazione e poi la Consigliera federale Keller-Sutter (quest’ultima glaciale come sempre), alla domanda se così facendo non si creavano dei profughi di serie A, B o C, hanno candidamente risposto «ma le altre non erano vere guerre». Ogni ulteriore commento mi sembra totalmente superfluo.