Q37 - L'editoriale (10 aprile '22)
Al momento di battere queste righe, sembrerebbe possibile che si arrivi in tempi ragionevoli ad un cessate il fuoco, a cui seguirebbero trattative diplomatiche che potrebbero sfociare in un accordo che da quanto si può capire ora potrebbe avere i contenuti che qui riassumiamo.
In primo luogo ci sarebbe uno statuto di neutralità per l’Ucraina (simile a quello dell’Austria o della Finlandia), garantito per evitare ulteriori aggressioni russe anche da forze di interposizione internazionali. Con questo statuto l’Ucraina non potrebbe aderire alla NATO, ma potrebbe diventare membro dell’UE. Kiev, come già promesso da Zelenski, abolirebbe l’attuale legge che vieta l’uso della lingua russa (parlata da circa il 40% della popolazione) in settori come quello dell’insegnamento, accetterebbe l’autonomia delle repubbliche separatiste filorusse del Donbass (sul grado di autonomia ci sarà invece molto da discutere) e forse anche l’annessione della Crimea, che era stata votata da una chiara maggioranza della popolazione. Più difficile dire cosa capiterà con la striscia di terra che collega il Donbass alla Crimea e che, attualmente, con la probabile caduta di Mariupol, dovrebbe essere occupata dall’esercito russo.
Che questo fosse l’obiettivo primario di Putin sembrava chiaro sin dall’inizio: tutte le altre avanzate, compresa quella verso Kiev, erano ovviamente manovre di diversione. Sedicenti esperti militari avevano invece farneticato di una possibile occupazione di tutta l’Ucraina come obiettivo finale: anche solo una minima conoscenza dei manuali militari bastava però per chiarire che per raggiungere un simile obiettivo ci sarebbe voluta un’armata almeno quattro o cinque volte più grande di quella messa in campo, di circa 200’000 uomini, da Putin.
L’aggressione del neozar moscovita assomiglia quindi, anche se solo pochi l’hanno rilevato, all’attacco che Stalin portò nel ’39 alla Finlandia, allora alleata della Germania, per allontanare verso nord il confine che si situava a poco più di 50 chilometri da Leningrado. Alla fine, anche se con difficoltà molto maggiori di quelle previste (per l’eroica resistenza finlandese) e con perdite enormi, Stalin ottenne quanto voleva, compreso uno statuto di neutralità per la Finlandia.
Se il risultato di questa guerra d’aggressione dovesse essere grosso modo quello che abbiamo delineato in queste righe, siamo oggi ancora più convinti di due mesi fa che questa è stata una guerra totalmente insensata (ammesso e non concesso che ce ne siano di sensate), perché un risultato simile si sarebbe potuto raggiungere con una realizzazione completa degli accordi di Minsk del 2015 (sempre sabotati soprattutto dal governo di Kiev, molto probabilmente sotto istigazione americana) con l’aggiunta di alcuni aggiornamenti ed accomodamenti realizzabili per via diplomatica. Non è per niente escluso che se ci fosse stata ancora Angela Merkel, ciò avrebbe potuto essere realizzato. Da entrambe le parti c’è stato invece un insensato irrigidimento con scontro finale tra le visioni imperiali e reazionarie del neozar moscovita e la sconsiderata spinta ad Est della NATO. L’eroica resistenza del popolo ucraino è stata possibile anche perché dal 2014 ad oggi il paese è stato inondato di armi e di consiglieri militari, come riconosciuto dallo stesso segretario della NATO Stoltenberg. Diventa perciò ancora più gratuita la polemica dei tanti guerrafondai da divano, che anche qui dai hanno continuamento perorato l’ulteriore invio di armi a Kiev, atteggiamento duramente condannato anche da Papa Francesco.
Ad uscire unico vincitore da questa tragedia, scatenata sulla pelle del popolo ucraino, sarà quasi sicuramente il governo statunitense: e ciò dopo una serie infinita di disastri dall’Iraq all’Afghanistan. Così si spiegano il buonumore e la tronfia e declamatoria retorica di Biden nel suo recente viaggio in Europa. Non ci disturba che abbia chiamato criminale di guerra e macellaio Putin: noi lo sapevano già dai tempi della Cecenia! Siamo però convinti che gli stessi epiteti valgano anche per i vari presidenti americani che hanno causato molte centinaia di migliaia di morti, in gran parte civili, nelle varie guerre d’aggressione, dall’Afghanistan all’Iraq, passando per la Libia e tutte le altre. Lui stesso, che come la stragrande maggioranza dei cosiddetti parlamentari democratici «moderati» ha sempre sostenuto a spada tratta queste aggressioni criminali, ne porta chiare responsabilità.
Il governo di Washington è difatti riuscito a ricompattare dietro di sé tutta l’Europa, a rilanciare alla grande le spese militari in tutti i paesi, a rafforzare all’estremo la NATO, mentre contemporaneamente la Russia non potrà che uscire da questa avventura con le ossa rotte, essendo già prima di questa avventura un paese in crisi demografica ed economica, con un PIL di poco superiore a quello della Spagna.
L’obiettivo finale di Washington non è però Mosca, bensì Pechino, contro cui il super falco Blinken sin dalla sua nomina aveva riacceso con forza la Guerra Fredda iniziata da Trump. Pechino, soprattutto con la sua Nuova Via della Seta, puntava molto ad una cooperazione economica con l’Europa, sperando così di staccarla un po’ dagli Stati Uniti. È evidente che invece ora le carte migliori dal punto di vista geopolitico sono in mano a Washington. Già prima la sua supremazia militare rispetto alla Cina (800 basi militari nel mondo contro 1 base cinese a Gibuti) era schiacciante, ora lo sarà ancora di più. Dalla storia sappiamo che quando la potenza dominante sente il fiato sul collo dall’altra potenza in crescita economica continua, è fortemente tentata di sfruttare una tale supremazia militare (trappola di Tucidide). Ed è in questo senso che la tragedia in Ucraina potrebbe rappresentare una prova per la futura Terza Guerra Mondiale (già profetizzata da Papa Bergoglio), non da ultimo anche perché in queste settimane molti «esperti» hanno spudoratamente sdoganato addirittura l’uso limitato di «piccole atomiche tattiche».
Se vogliamo salvare il mondo, oltre a combattere la crisi climatica, dobbiamo quindi rilanciare alla grande anche il pacifismo. Noi ci saremo.
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