Una persona alla volta

di Franco Cavalli

 

Non poteva, purtroppo, esserci momento migliore per l’uscita in libreria di questa specie di auto biografia postuma, curata da Simonetta Gola, sposatasi con Gino nel giugno dello scorso anno. Il libro è arrivato nelle librerie quasi in corrispondenza con l’inizio della guerra in Ucraina, ...

...  ciò che rende forse ancora più utile leggerlo subito, anche per confutare quello che ad una certa stampa con l’elmetto piace chiamare il «dilemma dei pacifisti», cioè se appoggiare o meno l’invio di armi letali all’Ucraina

 

Personalmente non ho dubbi che Gino Strada si sarebbe scatenato contro l’invio di più armi, anche perché con i miliardi di armi che si sono già riversati sull’Ucraina negli ultimi anni, non si è per niente riusciti ad evitare la guerra, che per il «chirurgo volante» è il male assoluto.

 

Gino Strada è morto nell’agosto del 2021 e l’abbiamo ricordato in una lunga intervista ad uno suo collaboratore in un numero precedente dei nostri quaderni (Q34, pp 10-11). Strada si era sempre rifiutato di scrivere un’autobiografia, ma sotto le persistenti insistenze di Carlo Feltrinelli e di suoi collaboratori in Emergency, aveva poi buttato giù disordinatamente buona parte del contenuto di questo libro, che come lui stesso scrive «racchiude le cose più importanti che ho capito guardando il mondo dopo tutti questi anni in giro». Il tutto è stato organizzato da Simonetta Gola, che in una toccante postfazione parla del «suo modo straordinario di guardare il mondo» che «ora più che mai serve per dare una casa ad alcuni dei suoi pensieri, perché non vadano smarriti», frase finale del contributo che si tramuta in una lettera aperta al compagno scomparso.

 

Personalmente mi sento molto vicino a Gino, oltre che per le sue idee radicali, anche per diverse somiglianze nelle nostre storie: cresciuti in ambienti popolari ed antifascisti, abbiamo entrambi rinunciato ad una possibile carriera negli Stati Uniti (Gino lavorò a Stanford e Filadelfia sui trapianti cardiaci per quasi 4 anni), soprattutto perché non potevamo accettare l’apartheid sanitario strutturalmente ancorato nel liberistico sistema sanitario statunitense. Per entrambi poi la cartina di tornasole principale per giudicare una società è come questa garantisce l’accesso alla salute per tutti, il primo e il più importante dei diritti umani, assieme a quello dell’esistenza.

 

La riflessione radicale sull’abolizione della guerra e sul diritto universale alla salute ha portato Gino ad una critica serrata alla miseria della geopolitica e alla ferocia del modello di produzione capitalista. La sua non è stata una convinzione studiata «sui testi sacri», ma maturata in quasi 25 anni di esperienze straordinarie in tutto il mondo e soprattutto nei più svariati teatri di guerra. E dentro quei pronto soccorsi, sfogliando anche i registri ospedalieri, che Gino si rende conto che le vittime della guerra sono quasi tutte civili. Se queste erano già il 60% in occasione della seconda Guerra Mondiale, sono diventate ben il 90% di tutte le vittime durante la guerra afghana. E di queste, almeno coloro che arrivavano negli ospedali, più di un terzo erano bambini, mentre i combattenti rappresentavano appena il 7% del totale.

 

Nel libro Strada si sofferma a lungo sulla sua esperienza in Afghanistan, ricordando come inizialmente lui ed i suoi collaboratori venissero considerati «traditori dell’Occidente ed amici dei terroristi». E queste sono accuse che abbiamo sentito ripetere spesso nei media mainstream, addirittura da persone ufficialmente di un centro sinistra, anche ora in occasione della guerra in Ucraina. A proposito dell’Afghanistan, Gino riporta le stime ufficiali americane di circa 241’000 persone vittime dirette della guerra: altre centinaia di migliaia sono però secondo lui morte a causa della fame, di malattie legate al conflitto e per la conseguente mancanza di servizi essenziali.

 

Sulla base di queste sue esperienze Gino Strada fa a pezzi ogni retorica bellicista, ogni narrazione nazionalista, ogni interventismo anche quando è ammantato di sedicenti intenzioni democratiche. Perché la guerra è sempre una maledizione per i poveri, legata intimamente com’è all’amplificazione delle disuguagliane ed arricchisce sempre unicamente i produttori di cannoni. Anche per questa ragione Emergency, che Strada aveva creato dal nulla nel 1994, si è sempre più coinvolta anche in lotte sociali in Italia, come per esempio nel ghetto di Castel Volturno.

 

A chi ribatte che voler abolire la guerra è solo un’utopia, Gino risponde che «utopia è il nome di desideri, idee, progetti che possono diventare realtà». Dipende solo da noi. A noi del ForumAlternativo fa anche piacere che durante le varie manifestazioni di protesta contro la criminale aggressione putiniana Emergency sia sempre stata presente con parole d’ordine simili alla nostra «Russia fuori dall’Ucraina, Ucraina fuori dalla NATO».

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