di Samia Hurst-Majno e Pietro Majno-Hurst
L’esperienza di una famiglia a Ginevra - La recente tragica serie di suicidi di rifugiati nei centri di accoglienza ci ha fatto giustamente chiedere se non sarebbero auspicabili alternative di ospitalità nelle famiglie 1, 2
Negli articoli la risposta appare evidente, ma ci sembra interessante condividere la nostra storia, raccontata più estesamente altrove 3.
Sensibili entrambi alla questione dei rifugiati e dei migranti, abbiamo sentito parlare nel 2015 del programma dell’OSAR di accoglienza in famiglie volontarie e ci è sembrato giusto provare: con una casa spaziosa, le nostre due figlie grandi uscite, eravamo in buone condizioni per aiutare.
Samia si è informata, e le è stato detto che il programma era agli inizi, e che saremmo stati ricontattati.
Era un periodo di alta sensibilità (ricordiamo la foto del militare turco che teneva tra le braccia il corpo del piccolo bambino siriano annegato) e Samia, nell’attesa, aveva sentito un’associazione che si occupava di richiedenti siriani. Abbiamo accolto attorno al Natale 2015 due gemelle (13 anni) e la loro zia, di una famiglia di 7 che avevano potuto lasciare legalmente Damasco grazie all’intercessione di un loro famigliare a Ginevra. Sono restate con noi fino alla primavera, quando è stata trovata per tutti loro una piccola casa nella campagna ginevrina al confine con la Francia. In questo caso l’insufficienza più evidente del sistema è stato l’incomprensibile ritardo della scolarizzazione: le due giovani ragazze, brillanti, sono state tenute per mesi a casa, mentre avrebbero potuto integrare facilmente una classe, come tanti altri figli di immigrati a Ginevra, città internazionale di arrivi e partenze quotidiani.
Partite in primavera le tre richiedenti Siriane, Samia è tornata all’OSAR. L’assegnazione sarebbe stata altamente improbabile: avevano ricevuto più di 1500 offerte di accoglienza e il programma in questa fase era limitato solo a pochi cantoni. Samia ha insistito e, sentito che Ginevra era uno di questi, ha richiesto quali altri requisiti fossero necessari. Dopo qualche giorno, ci fu risposto che gli ospiti dovevano disporre un bagno solo per loro. In una città con una forte pressione sugli alloggi, è una condizione quasi proibitiva, ma si dava che per noi fosse possibile. Sarebbero dunque tornati a noi. Passata qualche settimana Samia richiama: dopo studio del dossier, non qualificavamo perché lavoravamo tutti e due a tempo pieno, nonostante la presenza di una governante sempre in casa per i nostri figli più piccoli.
Samia non ha demorso, ha scritto all’allora Consigliere di Stato responsabile Mauro Poggia, e dopo poco l’OSAR ci ha proposto di accogliere 3 fratelli eritrei (due sorelle allora di 26 e 24, e un fratello di 21 anni), con un passato molto difficile (e per certi aspetti tragica) di lavoro obbligatorio nell’esercito, passaggio attraverso il Sahara, la Libia, Lampedusa e l’Italia.
Sviluppi
La sorella grande, che già parlava piuttosto bene il francese, ha fatto uno stage in una casa di riposo, dove è stato riconosciuto un suo talento per l’assistenza alle persone anziane; le è stato offerto un apprendistato e ora lavora come aiuto sanitario.
La sorella più giovane ha dapprima fatto una formazione di pasticciera, per la quale era portata ma dove ha incontrato forti resistenze, anche razziste. Ha poi portato a termine una formazione di parrucchiera, mestiere nel quale ora lavora a tempo pieno. Il fratello, tenuto per più di un anno in un ostello senza un corso di lingua (sic) è stato più lento nell’imparare il Francese, che ora parla accettabilmente, e sta facendo uno stage come falegname.
Considerazioni
– Ci è parso che le condizioni da riempire fossero un bersaglio che veniva spostato in continuazione, forse conseguenza di una deliberata volontà volta a mostrare che la soluzione di accoglienza nelle famiglie non era praticabile. A sostegno di questa interpretazione, l’impegno irrisorio di risorse dell’OSAR: all’inizio, quando il programma è stato avviato, vi era un solo impiegato per gestire le offerte di accoglienza fatte da circa 1500 famiglie: in pratica, poteva solo dire che avrebbe richiamato, scoraggiare e aspettare che l’entusiasmo si smorzasse da solo. È ciò che sembra essere accaduto: quando ci siamo ritrovati in una riunione tra volontari e accolti, siamo venuti a conoscenza di solo una quindicina di famiglie nelle quali l’accoglienza era avvenuta (tra le quali, 5 di medici).
– I tre fratelli che ci sono stati assegnati sono persone di notevole qualità umana (non deve stupire: dai dettagli delle loro storie, il viaggio è una selezione, come ben mostra il film “the swimmers”), sono riconoscenti e rispettosi delle regole del vivere assieme (pulizia delle loro stanze e del bilocale).
– Non tutti i momenti della convivenza sono stati facili, in particolare nel 2017 con una Governante proveniente da una cultura diversa; non ci sono problemi con la nuova Collaboratrice famigliare.
– Fin dall’inizio abbiamo ricevuto un contributo di 450.– / mese per persona accolta. Non è irrisorio: ha permesso di sovvenzionare i corsi di lingua per il fratello (il rimborso per regolamento interrotti dopo qualche mese) e la scuola di parrucchiere della sorella, ma stava a noi decidere del suo uso.
– Certo l’aver spazio in casa, ed ora un piccolo appartamento indipendente, ha facilitato le cose perché possono cucinare in maniera autonoma.
– In queste condizioni, l’impegno diretto della famiglia è stato variabile a seconda degli avvenimenti, ma a dire di Samia, che se ne è occupata per la gran parte, non proibitivo: per consigli, pratiche amministrative, contatti con i Servizi Sociali, occasionalmente aiuto per i compiti delle scuole.
Non ho dato i nomi dei tre fratelli o più dettagli della loro storia perché temono problemi per la loro famiglia in Eritrea.
1. Simonetta Caratti: «Migranti, accogliere i giovani in famiglia»; laRegione, 27.07.2023
2. Interpellanza “Arash, i suoi fratelli, le sue sorelle” del 24.07.2023, sostenuta da un ampio fronte politico: https://www4.ti.ch/poteri/gc/ricerca-messaggi-e-atti/ricerca/risultati/dettaglio?user_gcparlamento_pi8%5Battid%5D=116875&cHash=7034566da3ff59b5913b111bc211ef58
3. https://www.majno.ch/la-famiglia-mh-e-i-rifugiati
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