Boicottare l’esercito si deve e si può

di Fabio Dozio

 

Nuovi difetti per i caccia F-35. L’esercito è un buco nero che trangugia miliardi di franchi. Invitiamo i giovani a non svolgere la scuola reclute, ma a scegliere il servizio civile.

 

La storia dell’esercito svizzero fa scappare da ridere, se non fosse un’istituzione che brucia miliardi di franchi ogni anno inutilmente. Gli aspetti farseschi non si contano più, un buon regista potrebbe realizzare un film da far scompisciare dalle risate.

 

Nelle ultime settimane, ha fatto notizia la storia dei Leopard acquistati e venduti, con diverse vicissitudini opache, dalla RUAG, azienda di armamenti di proprietà della Confederazione. Alcuni di questi carri armati sono stati venduti per 500 franchi, ma pagati 45 mila franchi tre anni prima.

 

L’ultimissima rivelazione riguarda il caccia F-35, un gingillo che costa ai contribuenti elvetici più di 6 miliardi di franchi, per 36 pezzi. Ai difetti rilevati negli Stati Uniti (871!), al rumore eccessivo che obbligherà la nostra aviazione a farlo volare poco, al prezzo non ancora chiaro, ai ritardi nella consegna (buco stimato da 800 milioni a 1,75 miliardi di franchi), all’informatica collegata con il Pentagono USA, ecc., si aggiunge l’ultima perla.

 

Il jet supersonico, voluto da Viola Amherd in barba a una richiesta popolare di far decidere ancora una volta al popolo se acquistarlo, non può volare in caso di temporali!

Deve stare alla larga, almeno 40 chilometri, dai fulmini, perché, se venisse colpito rischierebbe di prendere fuoco. Sembra una barzelletta: l’aeroplanino si chiama “Lightning”, cioè fulmine! Lo rivela il Tages Anzeiger, che cita l’ottimismo del Dipartimento della difesa il quale spera che i difetti siano corretti prima della consegna. In caso contrario potranno volare solo con anticiclone ben posizionato sulla Svizzera; niente di grave, se pensiamo che fino a un paio di anni fa la nostra aeronautica spiccava il volo solo nelle ore d’ufficio!

 

La scelta del jet americano si rivela sempre più inutile per un paese alpino, in un periodo in cui si conferma la rilevanza dei droni, e si giustifica solo perché è il caccia della NATO. Infatti, il Dipartimento della difesa e i gallonati grigioverdi affermano apertamente di voler “intensificare lo statuto di partenariato con la NATO”. Berna sempre più vassalla di Washington.

 

 

Viola Amherd sul seggiolino eiettabile

F-35 e Panzer Leopard sono una spina nel fianco di Viola Amherd, la capa della Difesa. Sui primi bisognerà vedere quando e come verranno consegnati i jet. Sui secondi c’è una commissione al lavoro per diradare le ombre tra l’attività della RUAG e la responsabile politica dell’azienda produttrice di armi. “Noch mehr Widersprüche bei Viola Amherd”, ancora più contraddizioni per la ministra, titola la Neue Zürcher Zeitung. La poltrona della ministra della difesa svizzera potrebbe trasformarsi in seggiolino eiettabile: è già successo in passato per Paul Chaudet (scandalo Mirage) e Rudolf Gnägi (scandalo Panzer 68), due consiglieri federali costretti alle dimissioni per i pasticci del Dipartimento.

 

La credibilità dell’esercito è al minimo, anche se la guerra in Ucraina si rivela una ghiotta occasione per chiedere più soldi. A Ferragosto il capo dell’armata rossocrociata ha presentato la sua lista della spesa: chiede 13 miliardi di franchi entro il 2031 per rafforzare le capacità di difesa, inesistenti, visto che il futuro generale ha dichiarato che in caso di conflitto dobbiamo affidarci alla NATO. Una messa in scena studiata dal marketing dell’esercito quando una richiesta simile dovrebbe essere indirizzata prioritariamente al Consiglio federale. Toccherà al Parlamento decidere sulle funamboliche richieste di Thomas Süssli. Sarà opportuno chiedergli di spiegare per bene come ha utilizzato i cinque miliardi di franchi ricevuti annualmente finora, se non sono bastati a foraggiare le truppe.

 

 

Miliardi al vento

La corsa agli armamenti è una conseguenza nefasta della guerra in Ucraina. Secondo il SIPRI (Istituto di Stoccolma di ricerca sulla pace) in tutti i continenti nel 2022 sono stati spesi 2’240 miliardi di dollari per le armi, equivalenti al 2,2 % del PIL globale. La spesa europea, sempre nel 2022, ammontava a 480 miliardi, con un aumento di un terzo in dieci anni, mentre l’importazione di armi è incrementata del 93%.

 

Mentre il Consiglio federale e i governi cantonali decidono di risparmiare sulla sanità, sulla formazione, sulla ricerca, sull’AVS, si dilapidano miliardi di franchi per un esercito inutile e incapace. Bisogna prendere atto che negli ultimi anni l’esercito svizzero ha perso l’autorevolezza che aveva in passato. Per un giovane ventenne è più utile scegliere il servizio civile piuttosto che la scuola reclute. Qualsiasi datore di lavoro dà più importanza all’esperienza acquisita con il servizio civile, che aumenta le competenze interdisciplinari. Chi sceglie la carriera militare è perché non è riuscito a far niente di meglio. Questa situazione spiega anche gli inciampi registrati negli ultimi anni: dalle disfunzioni informatiche alle spese discutibili per mortai Cobra, veicoli Duro, droni Hermes, mascherine tarocche, echinacea miracolosa, ecc. Spese che non favoriscono la sicurezza – è stato detto – ma gli sprechi.

 

Bisogna invitare i giovani a boicottare l’esercito e a scegliere il servizio civile. Una tendenza in aumento da quando, nel 2009, è stato tolto l’obbligo di avere una motivazione di coscienza per evitare la scuola reclute. Sono circa 6/7 mila i giovani che scelgono il servizio civile e l’esercito fatica a reclutare i 140 mila militi previsti.

 

 

Istituzione inutile e nociva

In Svizzera, dallo scorso 27 luglio, c’è una bella novità: si possono lanciare appelli invitando a boicottare l’esercito, a non svolgere il servizio militare e a rifiutare di pagare la tassa militare.

 

Lo consente la Corte degli affari penali del Tribunale penale federale di Bellinzona, avendo assolto i tre giovani attivisti per il clima romandi, che erano stati condannati dal Ministero pubblico della Confederazione nel dicembre del 2022 a pene pecuniarie per aver violato l’articolo 276 del Codice penale svizzero. La norma penale liberticida risale agli anni trenta e prevede che chi “pubblicamente provoca alla disobbedienza degli ordini militari, alla violazione dei doveri di servizio, al rifiuto del servizio o alla diserzione” sia punito con pena detentiva o pecuniaria.

 

La storia è cominciata nel maggio del 2020, quando i tre militanti dello Sciopero per il clima romando hanno lanciato un appello invitando a fare lo sciopero militare. “Per etica, morale, responsabilità ecologica e sociale,scrivevano – noi non siamo d’accordo di pagare la tassa né di svolgere il servizio militare. Non accettiamo di donare soldi e tempo a un’istituzione che è inutile e nociva di fronte alle sfide attuali come le crisi climatiche, sociali e ambientali. Esigiamo che l’esercito sia radicalmente modificato o soppresso”. (L’Armée, je boycotte).

 

L’articolo 276 del Codice penale è decisamente pericoloso. L’ha usato il parlamentare UDC Jean-Luc Addor, chiedendo al Consiglio federale di intervenire contro gli autori dell’appello: “L’Armée, je boycotte”.

 

Il Consiglio federale ha risposto picche ad Addor nel giugno del 2020, sostenendo che la libertà di opinione garantita dalla Costituzione deve avere il sopravvento sul Codice penale. “Il diritto penale – scriveva il Governo – serve a prevenire e a punire i crimini e i delitti. Non mira a restringere la libertà di opinione o a prevenire qualche opinione indesiderata”.

 

La lucidità del Consiglio federale è durata poco. Sollecitato dalla procura federale e, possiamo immaginare, dalle lobby oscurantiste, il Governo si è smentito e ha concesso al Ministero pubblico il via libera per indagare i militanti di Sciopero per il clima.

 

Si è così giunti alla messa in stato d’accusa e alla condanna dei tre autori dell’appello e, dopo il loro ricorso, al processo davanti al Tribunale penale federale nel maggio scorso.

 

 

Forza di pace, non esercito

Gli argomenti a sostegno della sentenza saranno pubblicati prossimamente. Non si tratta di giudizio definitivo, si potrà ricorrere. In ogni caso è un atto importante e significativo. Sottolinea la supremazia della Costituzione, che garantisce la libertà di opinione, sul Codice penale.

 

Il Parlamento sta discutendo di riformare l’art. 276, su proposta di un deputato verde. Ma si tratta di una correzione all’acqua di rose. Si invita, sostanzialmente, a non punire “l’istigazione in pubblico astratta”, come nel caso dell’appello dei giovani romandi. L’istigazione concreta e diretta verso una persona obbligata al servizio militare continuerebbe a essere sanzionabile.

 

Decisamente più condivisibile la proposta del Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsA), che invita ad abolire l’articolo 276, ricordando che già nel 2010 il Consiglio federale aveva previsto di stralciarlo, ma poi fece marcia indietro. Kilian Bello, segretario politico del GSsA, a proposito di questa vicenda afferma: “La messa in discussione delle nostre istituzioni deve portare a dibattiti democratici e, in ogni caso, non a condanne”.

 

 

Il programma per le federali di ottobre di Verdi e ForumAlternativo invita a “impegnarsi per un pacifismo attivo, diminuire le spese militari ed evitare l’avvicinamento ad alleanze militari o forze straniere”. Si può fare di più, tornare a riflettere sulla bontà, in Svizzera, di abolire l’esercito e di affidarci a una forza internazionale di mantenimento della pace integrata alle Nazioni Unite.

 

 

Non dimentichiamo il monito magistrale di Bertolt Brecht:

Quando viene il momento di marciare molti non sanno

che il nemico marcia alla loro testa.

La voce che li comanda

è la voce del nemico.

Chi parla del nemico

è lui stesso il nemico.

Tratto da: