"Un palliativo che dà tutto il potere alle casse malati"

 

L’oncologo Franco Cavalli è risolutamente contrario alla riforma del finanziamento delle prestazioni sanitarie (EFAS) in votazione il 24 novembre. Intervista.

 

 

Qualcuno dice: finalmente, dopo tanto tempo, una riforma nel settore sanitario degna di questo nome. Oltretutto, una riforma che rende un po’ meno asociale il finanziamento delle prestazioni. Franco Cavalli, da medico e uomo di sinistra, come fa a dire no a Efas? Ogni volta che è stata fatta una riforma, la Lamal [l’assicurazione malattie obbligatoria, ndr] è stata peggiorata. L’ultima, che ci era stata venduta come un grande miglioramento, è quella in vigore dal 2012: oltre alla disgraziatissima concessione di finanziare le cliniche private, introduceva i forfait [definiti nel sistema tariffale detto SwissDrg, ndr] nel settore stazionario. Questi non solo hanno fatto esplodere i costi: sono anche la causa principale dell’aumento del carico di lavoro per le infermiere e gli infermieri.

 

D’accordo. Ma parliamo di questa, di riforma.

Già vent’anni fa avevo sollevato il problema del differente finanziamento delle prestazioni sanitarie. Il trasferimento delle prestazioni dal settore stazionario a quello ambulatoriale è una logica conseguenza del progresso della medicina. Ma erano anche i cantoni a spingere in questa direzione, perché così potevano risparmiare [le casse malati infatti si assumono il 100% dei costi delle prestazioni ambulatoriali, ndr]. Il risultato è che i premi crescevano più dei costi. Ora questo problema lo si vuole affrontare con una ‘soluzione’ che ci fa cadere dalla padella nella brace.

 

In che senso?

Si dà tutto il potere alle casse malati, che sono troppe e già oggi fanno il bello e il brutto tempo. I cantoni praticamente non avranno più niente da dire.

 

Ci torneremo. Ci faccia capire: un Efas senza cure di lunga durata, vi sarebbe andato bene?

No. L’inclusione delle cure di lunga durata è un secondo problema. Il primo, che sta a monte, è chi comanda nel sistema.

 

Rieccoci, allora: ‘Tutto il potere alle casse malati’. Cosa intende esattamente?

È questo il problema fondamentale del sistema sanitario svizzero. Gli esperti che ho incontrato e continuo a incontrare in vari consessi internazionali si chiedono: ‘Chi comanda in questo sistema?’. Insomma: qui comandano tutti e non comanda nessuno; e alla fine chi ci va di mezzo sono sempre i pazienti, in particolare quelli con pochi mezzi a disposizione. Con Efas non saranno più i medici – che già oggi con le casse malati devono spesso fare i salti mortali – a decidere. Il comando verrà affidato di fatto agli assicuratori: saranno loro a dire cosa verrà rimborsato e cosa non lo sarà, dove si potranno ricevere certi trattamenti e dove no. Basti vedere cosa succede ormai anche in Ticino con l’arrivo di Swiss Medical Network, che ha comperato i centri medici e stretto un’alleanza con Visana. Cosa vuol dire? Che in futuro chi è assicurato presso questa cassa potrà farsi servire a carico della Lamal solo nelle strutture di proprietà del gruppo.

 

Se la riforma verrà approvata, tutte le fatture per le prestazioni a carico della Lamal verranno rimborsate dalle casse malati, e non più in parte anche dai cantoni. Ma per il resto, Efas lascia invariate le competenze degli assicuratori.

In futuro i cantoni si limiteranno a pagare le fatture emesse dalle casse malati. Ripeto: saranno gli assicuratori malattia privati a decidere, i cantoni non avranno più niente da dire. Lo vediamo già adesso, del resto: in oncologia, ad esempio, dicono ‘No, questo medicamento non lo paghiamo’; oppure la tirano per le lunghe sui rimborsi. L’esperienza, in tutto il mondo, dimostra che l’unica possibilità di tenere a bada l’aumento dei costi della salute è controllare l’offerta e affidare la pianificazione allo Stato. I Paesi scandinavi da questo punto di vista sono esemplari. Invece più si liberalizza, più i costi esplodono. E la Svizzera in questo è seconda solo agli Stati Uniti.

 

Voi paventate un disimpegno dei cantoni. Però questi, nel cruciale settore ambulatoriale, vedranno ampliate le loro possibilità di pilotare l’offerta.

Nel settore ambulatoriale vige la legge del mercato. Un esempio: quando la clinica Moncucco [nel 2006, ndr] voleva comprare un apparecchio per la radioterapia, il Consiglio di Stato si è opposto. Alla fine un tribunale le ha dato ragione: invocando la Costituzione federale, ha concluso in sostanza che nel settore ambulatoriale vige la legge del mercato. E poiché il 98% delle prestazioni di radioterapia sono ambulatoriali, il cantone non ha il diritto di dire niente al riguardo. Efas, con i suoi begli auspici, non cambierà nulla a questo stato delle cose.

 

Con Efas i cantoni potranno ad esempio regolamentare l’autorizzazione dei terapisti.

Sulla carta è vero. Ma nella realtà non cambierà nulla. Nel nostro settore sanitario il pallino continuerà a essere in mano ai fornitori di prestazioni e agli assicuratori. L’aspetto cruciale è l’offerta, che sì può essere influenzata ad esempio dalla pianificazione ospedaliera. Ma quale sarà il ‘peso’ politico dei cantoni in un contesto nel quale tutta la spesa verrà controllata dalle casse malati?

 

Quasi tutte le organizzazioni del settore sanitario e di quello delle cure sostengono la riforma. Nemmeno l’Associazione svizzera delle infermiere e degli infermieri, che lascia libertà di voto, è contraria. Vorrà pur dire qualcosa.

Il fatto che tutti o quasi dicono di sì è molto sospetto. H+ [l’organizzazione mantello degli ospedali, ndr] raccomanda di votare sì? Beh, H+ è il ‘nemico’ numero uno del personale infermieristico. Se mi metto dalla parte dei pazienti e degli assicurati, non posso che votare no.

 

I sostenitori di Efas vi accusano di spaventare gli assicurati, tratteggiando scenari pessimistici per quanto riguarda l’evoluzione dei premi.

Il passato insegna: ogni volta che si è detto che i premi non sarebbero cresciuti oltre misura, poi invece sono aumentati in questo modo. Ora, è possibile che a breve scadenza [dal 2028, quando Efas dovrebbe entrare in vigore, ndr] si abbia un effetto calmierante sui premi. Efas però non è che un palliativo. Alla lunga, peggiora la situazione. Dal 2032 infatti [quando verranno assoggettate al finanziamento uniforme anche le cure di lunga durata nelle case anziani e di assistenza a domicilio, ndr] i cantoni scaricheranno sulle casse malati una fetta consistente dei costi delle cure per la lungodegenza. E proprio queste ultime diventeranno nei prossimi anni uno dei problemi fondamentali nel finanziamento delle prestazioni, perché la popolazione invecchia.

 

Efas avrà pure questo e altri difetti, ma non si può pretendere che risolva tutti i problemi del settore sanitario. Non è meglio una riforma imperfetta, anziché nessuna riforma e lo status quo? La consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider ha affermato giorni fa alla Rts che un no il 24 novembre sarebbe «grave», perché starebbe a dimostrare che il sistema proprio non è riformabile.

Il sistema deve essere riformato, perché altrimenti implode. Come del resto imploderà con questa riforma. L’unica soluzione possibile è questa: una cassa malati unica e pubblica, gestita come l’Avs o la Suva; premi proporzionali al reddito al posto dei premi pro capite, che creano una medicina a due velocità e sono il più grande sgravio fiscale esistente oggi in Svizzera, visto che un Christoph Blocher paga tanto quanto il postino di Olivone; un severo controllo dell’offerta attraverso budget globali, alla stregua di quelli applicati in Canada, che non mi risulta sia un Paese comunista; infine, un altrettanto severo controllo del prezzo dei farmaci, che – lo si dimentica spesso – sta diventando uno dei problemi principali. Senza queste cose, non ne usciremo.

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