Il tecnofascismo è servito!

L'editoriale - Q53

 

“Chi non vuole parlare del capitalismo, taccia anche sul nazismo” dicevano i filosofi della Scuola di Francoforte. Quest’aforisma sottolinea la stretta parentela tra capitalismo e fascismo.

 

Finché i tempi sono tranquilli, la borghesia capitalista riesce a mantenere il controllo della società attenendosi ai dettami della democrazia liberale. Se però c’è aria di burrasca, allora esce allo scoperto e ricorre alle maniere forti, cioè a quello che da cent’anni si chiama fascismo. Ma era sempre stato così, a partire già dal 1848. Cent’anni fa poi di fronte alla rivolta delle masse popolari, organizzate nei partiti social-comunisti, tornarono le maniere forti. Famosa è la storia della cena, durante la quale nel 1932 Hitler ottenne l’appoggio della cupola del capitalismo tedesco.

 

In Italia capitò lo stesso, ma in modo meno spettacolare. Senza l’appoggio della fazione dominante del capitalismo, Hitler e Mussolini non sarebbero mai arrivati al potere. In tempi più vicini a noi, lo stesso avvenne con Pinochet e con una serie di dittatori in America Latina, in Indonesia e altrove.

 

Oggi a livello globale, il dominio assoluto del capitalismo anglosassone, certificato dalla caduta del Muro di Berlino, è messo in crisi dalla concorrenza cinese e anche dalla tendenza alla multipolarità rappresentata dai BRICS.

 

Nel mondo capitalista occidentale poi la crisi è sempre più evidente: da una parte la concentrazione straordinaria del potere economico nelle mani di pochi oligarchi, dall’altra la crescita della povertà relativa, ma anche assoluta, a seguito di un progressivo indebolimento del welfare e dell’aumento inesorabile della precarietà, generati dall’ondata neoliberista.

 

Le masse popolari, deluse dall’evidente collaborazionismo di gran parte della sinistra con il neoliberalismo imperante, sono ora facile preda dei pifferai dell’estrema destra, che promettono di cambiare il mondo. Questi elevano a ideologia totalizzante i peggiori pregiudizi della piccola e media borghesia, soffiano sul fuoco del più bieco nazionalismo, invitano a scaricare l’infelicità sui migranti o sui musulmani in generale come cent’anni fa facevano con gli ebrei. Questo è il fascismo, che per essere tale non necessita dei campi di concentramento.

 

Non dimentichiamo che l’assalto trumpiano al Campidoglio di quattro anni fa è paragonabile alla marcia mussoliniana su Roma, che fu ugualmente scompaginata e mal organizzata.

 

Solo che allora Vittorio Emanuele, contrariamente a buona parte dell’establishment americano, cedette immediatamente a fronte della violenza fascista. Ma oggi, rispetto a 4 anni fa, la situazione è più pericolosa, in quanto nel frattempo ormai tutta la cupola della fazione dominante del capitalismo statunitense si è accodata a Trump: esemplare è l’andata a Canossa di Zuckerberg.

 

E Thiel, l’ideologo di questi oligarchi, ha chiaramente dichiarato che “democrazia e libertà economica non sono più conciliabili”, nel senso che tutti i meccanismi democratici che servono ad opporsi al dominio totale dei tecno-oligarchi vanno eliminati.

 

L’onda nera che quasi travolse il mondo ottant’anni fa, potrebbe farlo in un prossimo futuro.

 

Forse è giunto il momento di cominciare a preparare la resistenza.

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